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Irpef, 600 Comuni hanno già aumentato le addizionali

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Servizio |dopo la manovra

Irpef, 600 Comuni hanno già aumentato le addizionali

Lo sblocco delle addizionali deciso dall’ultima legge di bilancio ha prodotto aumenti dell’Irpef in 600 Comuni. In 59 casi l’addizionale debutta dove prima non c’era, e altri 59 sindaci hanno provato a ritoccare le aliquote ma sono arrivati in ritardo con le delibere. I numeri che emergono dall’ultimo aggiornamento diffuso ieri dal dipartimento Finanze disegnano un censimento praticamente definitivo delle scelte fiscali dei Comuni nell’anno dello scongelamento del fisco locale.

All’appello manca ancora qualche ente, in particolare i circa 130 Comuni, fra quelli colpiti dal terremoto del 2016 e quelli a caccia di certezze sui loro piani di riequilibrio dei conti, che si sono visti rinviare i termini per preventivi e delibere fiscali a fine luglio. Ma i numeri chiave sono ormai definiti. E si accompagnano agli aumenti dell’Imu, che non sono riassunti in un monitoraggio nazionale ma si sono fatti largo per esempio a Torino, La Spezia, Pordenone o Avellino, mentre Firenze, Grosseto e Pavia alleggeriscono il conto (Sole 24 Ore del 1° aprile).

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E mostrano prima di tutto che la rimozione del tappo alle aliquote ha ricominciato a spingere all’insù le aliquote in un numero significativo di Comuni. Le 600 delibere che ritoccano le aliquote abbracciano il 15% dei Comuni che hanno trasmesso le loro decisioni al ministero dell’Economia, e poco meno dell’8% del totale dei municipi italiani. Un numero non piccolo, soprattutto in un anno elettorale che fra domenica 26 maggio e i turni successivi nelle regioni a Statuto speciale affiderà alle urne il rinnovo di 3.838 sindaci e consigli comunali: solo metà dei Comuni, in pratica, ha potuto mettersi a studiare le aliquote senza doversi preoccupare della risposta immediata degli elettori-contribuenti.

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Anche con il freno del voto, insomma, la pressione sul fisco si è fatta sentire. Perché come sempre il blocco della leva fiscale ha colpito a casaccio, e ha penalizzato ovviamente in misura maggiore chi è stato sorpreso dallo stop con un’Irpef locale più bassa della media.

Proprio questo aspetto spinge la geografia degli aumenti verso il Centro-Nord, dove una salute dei bilanci locali mediamente migliore della media ha permesso di andare avanti senza sfruttare tutti gli spazi fiscali. A Sud, come in quasi tutte le grandi città da Milano a Napoli e Palermo, i problemi di bilancio avevano già spinto al massimo l’Irpef senza lasciare margini ulteriori.

Gli aumenti si affacciano comunque in Comuni importanti, da Mantova a Rimini, da Lucca a Imola fino ai grandi centri intorno a Milano come Sesto San Giovanni, Rho o Busto Arsizio. A Sud sono della partita Trani, Barletta, Avellino e Trapani, mentre per il resto i ritocchi si diffondono in una miriade di piccoli centri. Da segnalare, rari, i casi di controtendenza, in cui la pressione fiscale diminuisce più o meno leggermente: succede per esempio a Bologna e Forlì, dove le aliquote restano quelle dello scorso anno ma crescono le soglie di esenzione (da 14mila a 15mila euro a Bologna, da 8 a 15mila a Forlì).

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