Pressione fiscale

La "pressione fiscale" sull'economia rappresenta il costo dello Stato, espresso attraverso un rapporto numerico che esprime l'incidenza dei tributi e dei contributi previdenziali rispetto al prodotto interno lordo, cioè l'insieme dei beni e dei servizi prodotti in un certo anno, valutati a prezzi correnti.
Il rapporto non fornisce, peraltro, alcuna indicazione sulla qualità e quantità dei servizi pubblici forniti a fronte dei tributi: pertanto, una pressione fiscale elevata può essere socialmente accettabile, se a fronte di essa i cittadini avvertono di ricevere servizi adeguati.
Dalla pressione fiscale è possibile solo valutare la presenza dello Stato nell'economia e non si possono trarre indicazioni sulla pressione fiscale individuale o relativa a categorie di contribuenti. Si tratta infatti di una media nazionale, dove possono coesistere situazioni di elevatissima pressione fiscale, con altre in cui determinate forme di capacità economica sono tassate in maniera complessivamente blanda.
Le discussioni sulla misura della spesa pubblica hanno carattere politico e coinvolgono essenzialmente l'efficienza dei servizi pubblici. Sul piano tecnico, è da rilevare che la spesa pubblica di un Paese sviluppato può avere vari gradi di elasticità: essa può essere collegata ad acquisti di beni e servizi, che possono cessare senza seri contraccolpi sociali.
Quanto più la spesa pubblica si compone, invece, di interessi passivi sul debito pubblico, salari e pensioni (per la quota non coperta attraverso i contributi sociali), essa corrisponde a "diritti acquisiti" di terzi e può essere considerata una "spesa fissa". Il che ostacola la realizzazione, nel breve periodo, di programmi economici basati sul simultaneo taglio della spesa pubblica e della tassazione. (Raffaello Lupi)