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13 settembre 2006

Di Pietro contro Tronchetti: «Deve lasciare»

«Tronchetti Provera deve lasciare Telecom».

Lo chiede senza giri di parole il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, leader di Italia dei Valori. «Nel 2005 - spiega Di Pietro - ci dissero che l’operazione di fusione tra Telecom e Tim avrebbe creato valore, perché la telefonia fissa si sarebbe integrata a quella mobile. La fusione ebbe come unico effetto il caricare Telecom di altri debiti e le consentì di accedere immediatamente al cash flow generato da Tim. Un anno dopo, Telecom annuncia lo scorporo di Tim in nome di un fantomatico riassetto: coloro che approvarono la fusione, oggi approvano lo scorporo. Questi signori - ha proseguito Di Pietro - guardano solo alla finanza pura, sono specialisti dell’ingegneria finanziaria, perdendo di vista il progetto industriale, il prodotto e l’azienda».
«Il capitalismo italiano ha preso una direzione allarmante, adesso bisogna lavorare per una modello diverso, virtuoso e lo Stato ha dovere politico di giudicare il comportamento di chi ha guidato con tanta lucidità un’impresa strategica per l’Italia. Le stesse persone che hanno gestito questa situazione - ha detto Di Pietro - non possono pretendere oggi di gestire la fare di riorganizzazione: è irragionevole e irrazionale che il management di allora ci ha fatto credere che quella fusione era l’occasione per rilanciare nuovi prodotti e nuovi servizi. Un anno dopo quelle stesse persone ci dicono che invece bisogna procedere ad uno spezzatino, a una divisione e che gli stessi manager dovranno attuarla», ammonisce Di Pietro chiedendo un avvicendamento al vertidce del gruppo Telecom. «A mio avviso - ha concluso il ministro - così come stanno le cose, la golden share è necessaria, ma non è sufficiente. Il Governo può e deve intervenire con la golden share che però è un pannicello caldo che può servire solo come un potere di veto. Ben altro deve fare a mio avviso».

L'Ue contro la golden share. Diversi i segnali che arrivano da Bruxelles. «Le golden share non hanno spazio nel mercato interno». È quanto ha dichiarato Oliver Drewes, portavoce del commissario Ue per il Mercato interno Charlie McCreevy, rispondendo a chi gli chiedeva la posizione di Bruxelles sull’eventuale utilizzo della golden share da parte del Governo nella vicenda Telecom Italia. Drewes ha precisato che quella della Commissione è posizione generale, non riferibile al caso specifico poiché «non abbiamo - spiega - informazioni concrete, né è stata sottoposta una documentazione».


I sindacati confermano lo sciopero. «Insoddisfatti e delusi». Così i sindacati Cgil, Cisl e Uil, si dichiarano, attraverso i rappresentanti di categoria, a conclusione dell’incontro con i vertici di Telecom Italia, nelle persone degli amministratori delegati, Riccardo Ruggero e Carlo Buora, sul piano di riorganizzazione approvato due giorni fa dal Consiglio di amministrazione.
I sindacati hanno pertanto confermato una giornata di sciopero, da effettuarsi entro fine mese, richiamando i lavoratori «a una forte mobilitazione».
In particolare i sindacati rilevano la natura finanziaria, e non industriale, dell’operazione, le contraddizioni con la precedente strategia di convergenza fisso mobile varata della società e il rischio che l’operazione di riassetto pone per l’occupazione. Nell’ambito dell’incontro, hanno inoltre rilevato i rappresentanti sindacali, «non è stata né confermata né smentita» l’eventuale vendita di Tim. «Visto l’esito dell’incontro», al quale erano presenti i due amministratori delegati di Telecom Italia, Riccardo Ruggiero e Carlo Buora, la delegazione sindacale ha «confermato lo sciopero» già previsto per la fine del mese e ha rivelato di aver chiesto «ufficialmente» un incontro con il presidente del Consiglio Romano Prodi e con il Governo. Un secondo incontro - hanno annunciato i sindacalisti - sarà chiesto al presidente dell’Authority per le telecomunicazioni.


Montezemolo: «Spero che Tim resti italiana». «Tim ceduta da Telecom a una società straniera? «Spero di no»: è la replica che giunge dal presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ai giornalisti che gli chiedono un giudizio sulla possibilità che il gestore di telefonia mobile di Telecom possa arrivare in mani straniere in seguito all’ipotesi di scorporo della società avanzata dai vertici dell’azienda. «In ogni caso - ha proseguito Montezemolo, interpellato a margine del Forum economico Italia-Jiangsu in corso a Nanchino - si tratta di un’azienda che si sta riposizionando; aspettiamo la fine di questo processo. Il mercato è sovrano».

Fassino: «I manager forniscano ogni chiarimento».
L'Italia rischia di perdere il controllo di un importante settore come quello della telefonia mobile. È questa l'opinione di Piero Fassino. Anche il segretario dei Ds ha parlato a margine del convegno dei gruppi parlamentari dell'Ulivo. «L'operazione Telecom - ha spiegato - si sta configurando in modo diverso da come era stata presentata. Ci avevano detto che ci sarebbe stato un gruppo che avrebbe tenuto insieme le attività multimediali e quelle telefoniche in una strategia di integrazione molto forte. Invece mi sembra che si vada verso un assetto molto diverso, nel quale un settore rilevante della telefonia, quella mobile, viene scorporata e non se ne conosce la destinazione, né proprietaria e tanto meno produttiva». Per questo Fassino ritiene che il gruppo dirigente della Telecom debba «fornire tutte le informazioni e tutti i chiarimenti necessari».

Maroni: «Il Governo taccia, non siamo in Urss». Il botta e risposta su Telecom ha visto in campo anche Bobo Maroni. «Essendo un gruppo privato - ha dichiarato il capogruppo della Lega Nord alla Camera - non credo che il Governo possa interferire, non siamo in un regime sovietico. L'azienda risponde ai suoi azionisti e ai suoi stakeholder, tra cui non mi risulta ci sia il governo». Secondo l'ex ministro del Welfare «è vero che la sinistra con Telecom ci ha abituato ha interferenze anche pesanti, basta vedere la storia di Colaninno, la cosiddetta cordata padana e gli amici di D'Alema, ma non vorrei che tornasse la merchant bank di Palazzo Chigi, cosa che invece mi pare si profili all'orizzonte. Io e la Lega, che pure non abbiamo mai avuto grandi simpatie per Telecom e per Tronchetti Provera, essendo poi vicepresidente dell'Inter ancora meno, sosteniamo che bisogna scongiurare l'ennesimo intervento a gamba tesa di Palazzo Chigi in questa vicenda, che è prima di tutto industriale. E che riguarda in primo luogo gli azionisti e gli assetti».

L'ipotesi "golden share". Con l'esercizio della golden share (di norma inteso come pacchetto azionario strategico posseduto dal governo, che permette di intervenire nelle decisioni più importanti di una società privatizzata garantendo al possessore poteri speciali, indipendenti dal numero di azioni in questione) il ministero del Tesoro, d'intesa con il ministero dello Sviluppo economico, può opporsi a operazioni sul capitale di Telecom Italia o su eventuali scissioni e fusioni del gruppo solo in caso di «concreto pregiudizio agli interessi vitali dello Stato», che deve essere motivato. La golden share consiste in due specifici «poteri speciali», rivisti con la legge finanziaria 2004 alla luce dei rilievi provenienti da Bruxelles e illustrati nello Statuto del gruppo. Il primo potere speciale prevede la possibilità di opposizione, da parte dei due ministeri, all'assunzione di partecipazioni rilevanti che rappresentano almeno il 3% del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nelle assemblee ordinarie. Il secondo potere speciale consiste nella possibilità di veto, sempre debitamente motivato in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato, all'adozione di delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell'azienda o della sede sociale all'estero, di fusione, di scissione, di cambiamento dell'oggetto sociale. In entrambi i casi il provvedimento di esercizio del potere di veto è impugnabile entro sessanta giorni dai soci dissenzienti davanti al Tar del Lazio. Il Tesoro, peraltro, non è più presente nel capitale di Telecom Italia dal dicembre del 2002, quando ha dismesso la quota residua del 3,5% che ancora aveva in portafoglio, ma ha conservato la golden share, pur non avendo più un rappresentante in cda. Nelle ultime operazioni che hanno riguardato il colosso telefonico Via XX settembre non ha mai esercitato i poteri speciali.



 

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