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Il presidente del Consiglio, Romano Prodi

24 ottobre 2006

Prodi dopo il Tfr punta sulle pensioni, la sinistra radicale fa le barricate

Al.An.

Romano Prodi rilancia sulla riforma delle pensioni e vuole che se ne parli subito dopo il varo della Finanziaria, Rifondazione e la sinistra radicale alzano le barricate, il centro-destra va a nozze con le divisioni nella maggioranza e spera in un veloce collasso del Governo.

«Quando si firma un protocollo - ha affermato Prodi al termine dell'incontro a Palazzo Chigi con il Commissario europeo agli Affari economici e monetari Joaquin Almunia - sulla riforma pensionistica che dice che entro il 31 marzo dobbiamo riformare il sistema, si obbedisce». Il presidente del Consiglio appare più fiducioso dopo l'accordo con la Confindustria per il Tfr e sembra voler rassicurare i leader di Ds e Margherita sull'imminenza di una "fase 2 riformista" dell'azione del centro-sinistra: dopo la manovra, insomma, ecco alle viste anche le riforme strutturali necessarie al Paese e attese dalla comunità finanziaria internazionale, soprattutto dopo la retrocessione dell'Italia decisa dalle agenzie di rating S&P's e Fitch.

La replica sulla riforma delle pensioni, però, arriva subito dal segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano: «Siamo contrari ad una generalizzazione dell'aumento dell'età pensionabile, si parta dalle pensioni minime. Nel Paese c'è bisogno di un risarcimento sociale». Poi il capogruppo Prc al Senato, Giovanni Russo Spena, chiede al Governo di «evitare forzature o diktat», segnalando un disagio crescente nell'ala sinistra della coalizione. Per i Comunisti italiani parla la capogruppo al Senato Manuela Palermi, che denuncia «un affondo sulla Finanziaria da parte dei poteri forti», mentre a Prodi ricorda che nel programma dell'Unione c'è scritto a chiare lettere che «le pensioni stanno bene così».

Il quadro dei rapporti nel centro-sinistra è ulteriormente complicato dalla presa di posizione della Cgil, che dice no a una riforma delle pensioni fatta con «soluzioni precostituite» e «tagli per farsi belli in Europa». No anche a una discussione anticipata rispetto ai tempi concordati. Nel memorandum siglato tra Governo, Cgil, Cisl e Uil prima della Finanziaria, ricorda il segretario confederale, Morena Piccinini, «è indicato l'impegno del Governo e delle parti sociali di affrontare da gennaio tutti i temi elencati, non la soluzione finale di ogni capitolo, perché ogni capitolo avrà bisogno di approfondimento e non certo di soluzioni precostituite. Pertanto nessuno, dal Governo o dalla maggioranza, può attribuire al medesimo un significato diverso e nessuno può spacciarlo in Europa come un rafforzativo, in termini di risparmi di spesa o per meglio dire di tagli, alla Finanziaria».

Con questo clima è facile per il la Casa delle libertà affondare i colpi della polemica. Secondo Renato Schifani, presidente dei senatori di Forza Italia, «Prodi é ormai un generale senza esercito, la sua proposta di andare avanti con la riforma delle pensioni è caduta clamorosamente nel vuoto», ergo il premier «non è in grado di governare». Anche per il presidente di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini, la sinistra radicale sarà il principale ostacolo per Palazzo Chigi sulla strada dei ritocchi alla normativa previdenziale. E a chi gli chiede se Prodi ce la farà, l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, risponde con una rasoiata: «Come nel '98...».



 

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