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| I «Dico»: diritti per eredità e case, ma all'anagrafe dichiarazioni disgiunte |
| di Sara Bianchi |
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Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al disegno di legge sulle unioni civili. La riunione è stata convocata in via straordinaria alle 17 di oggi, 8 febbraio. Dopo circa un'ora e mezza l'annuncio dell'accordo, anticipato da una dichiarazione rilasciata poco prima dell'inizio del Consiglio dal segretario dei Ds Piero Fassino: «Mi sembra che si sia raggiunta un'intesa equilibrata, ragionevole e molto positiva». Non ha partecipato al Consiglio dei Ministri Clemente Mastella che in mattinata aveva ribadito la sua contrarietà al provvedimento, pur riaffermando la sua fiducia al governo Prodi. Un faticoso compromesso ha dunque aperta la discussione su uno dei temi più delicati posti come obiettivo dal centro sinistra. Una conferma viene dalle dichiarazioni del ministro per i rapporti con il Parlamento Vannino Chiti, che ha precisato «sul ddl non verrà posta la fiducia, perchè vogliamo che vada avanti in Parlamento con un confronto serio tra la maggioranza e l'opposizione, per vedere se, superando steccati e pregiudiziali, si riesce a migliorarla».
I punti dell'intesa
L'articolo 1 del provvedimento, riguardante la dichiarazione anagrafica (che definisce chi e come può essere titolare dei diritti elencati negli articoli seguenti), è stato oggetto delle maggiori discussioni. I cattolici più conservatori si sono sempre detti contrari al riconoscimento delle coppie di fatto e a qualunque atto che possa somigliare a un matrimonio. Nemmeno la certificazione anagrafica li ha convinti perché, in quanto atto pubblico, potrebbe rischiare di assumere un significato troppo vicino a quello del matrimonio civile; e come è noto, il timore resta soprattutto legato ai risvolti che questo potrebbe assumere per le coppie omossessuali. La soluzione adottata è una dichiarazione resa contestualmente, che gli interessati possono scegliere se fare in maniera congiunta. L'accordo sul testo, che ha come titolo "diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi", non contiene mai né la frase "unioni civili" né la parola "pacs" e indica che per le tutele in materia di lavoro debbano passare almeno tre anni dalla dichiarazione. Lo stesso periodo serve per la successione alla locazione dell'immobile mentre per i diritti successori il tempo previsto é di minimo nove anni. Per quanto riguarda la reversibilità previdenziale, il testo del ddl rimanda a un riordino successivo dell'intera materia. La legge sulle unioni civili non è un matrimonio di serie B, né "un piccolo Pacs" ha precisato il ministro per la Famiglia Rosy Bindi, anzi, «d'ora in poi parlando della regolamentazione delle unioni civili, bisognerà parlare di «Dico» (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi) e non più di Pacs». .
Come si è arrivati al compromesso
Il documento di 60 parlamentari cattolici della Margherita in difesa della laicità della politica e delle istituzioni, ha certamente contribuito a smuovere le posizione più rigide nei teo-dem Binetti, Carra e Bobba che hanno ammorbidito, almeno formalmente, le loro posizioni. Il rischio di finire in angolo era troppo elevato; del resto lo stesso Rutelli non si è detto contrario a un testo che distingua bene i diritti e i doveri dei conviventi dall'impossibile creazione di un "simil matrimonio". Anche perché l'impegno ad approvare una legge sulle responsabilità del coabitante è contenuto pure nel programma dell'Unione. La posta in gioco è perciò redatta nero su bianco: non si tratta solo di una questione politica, etica o morale, perché se da una parte c'è il «non possumus» del Vaticano, dall'altra restano le promesse agli elettori, dunque le loro legittime aspettative. E il governo Prodi varando questa legge si caratterizzerebbe sempre più come il primo governo da molti anni a questa parte che fa del sostegno alle coppie (e alla natalità) un asse prioritario per le riforme economiche e sociali. L'Esecutivo si è impegnato al varo della legge entro il 15 febbraio e Marina Sereni, vicecapogruppo dell'Ulivo alla Camera scrive una lettera a Bindi e Pollastrini esortandole a proseguire: «Andate avanti e portate in Parlamento una legge giusta che piaccia al Paese, che non discrimini chi sceglie di convivere senza sposarsi e non metta in discussione alcun diritto di chi ha voluto un matrimonio religioso o civile a suggello della propria unione». L'ostacolo vero sarà per il centro sinistra a Palazzo Madama, dove l'Unione ha una maggioranza risicata e il sì di teo-dem come Bobba e Binetti e dei senatori Udeur non è affatto scontato.
8 febbraio 2007 |
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