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Rai, Padoa-Schioppa: «Con codice civile avrei revocato tutto il Cda»». Il 4 e 5 giugno assemblea su rimozione Petroni

di Sara Bianchi

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16 maggio 2007

Se la Rai fosse stata assoggettata al semplice regime civilistico avrei assunto la decisione della revoca nei confronti dell' intero consiglio»: lo ha detto il ministro dell'economia Tommaso Padoa-Schioppa in commissione di Vigilanza. Per l'azionista, infatti, «la responsabilità della situazione di grave criticità non è del singolo consigliere ma piuttosto dell' intero organo gestionale». Il ministro critica così l'operato non solo di Petroni ma di tutto il Cda dell'azienda pubblica: «nella situazione ho potuto attivare l'unica iniziativa- ha aggiunto riferendosi all'atto di sfiducia verso il consigliere che rappresenta l'azionista di controllo, Angelo Maria Petroni - che rientra nelle mie esclusive prerogative per riattivare il funzionamento dell'azienda pubblica». Aprendo la sua relazione davanti alla commissione Padoa-Schioppa ha definito la Rai «un centauro: metà uomo e metà cavallo nel senso che é per una parte società per azioni e per un'altra parte un soggetto pubblico che opera in un settore estremamente delicato come la comunicazione».
Intanto il Cda ha fissato al 4 e 5 giugno l'assemblea degli azionisti della Rai che dovrà decidere sulla revoca di Angelo Maria Petroni. Proposta approvata a maggioranza stretta: 4 a 4. Favorevoli il presidente, Claudio Petruccioli e Alessandro Curzi, Nino Rizzo Nervo, Carlo Rognoni; contrari i consiglieri di area Cdl Giovanna Bianchi Clerici, Gennaro Malgieri, Marco Staderini e Giuliano Urbani. Come previsto dalle norme, in caso di parità prevale il voto del Presidente. All'incontro non ha partecipato, per correttezza istituzionale, il diretto interessato, il consigliere Angelo Maria Petroni.
Dunque: prima convocazione dell'assemblea per il prossimo 4 giugno, seconda convocazione per il giorno successivo, il 5 giugno. Ordine del giorno: «revoca di un amministratore e nomina di un nuovo amministratore della società».
Nell'audizione in Commissione di Vigilanza Tommaso Padoa-Schioppa ha riferito anche della gestione del servizio pubblico televisivo: «negli ultimi anni dal punto di vista aziendale la Rai non ha avuto un andamento soddisfacente» e ha spiegato che non sono state liberare risorse sufficienti per affrontare le sfide del mercato. Il ministro ha messo in luce «l'indebolimento dei conti Rai», così come il «deterioramento degli indici di ascolto», e la mancata capacità di contrastare l'arrivo sul mercato della raccolta pubblicitaria da parte di soggetti nuovi tra cui ha citato esplicitamente Sky.
A suo avviso «le criticità in azienda si sono acuite per la mancanza di un piano triennale», così come per «l'esternalizzazione delle attività», e il «mancato piano per il digitale terrestre». Ma ha annoverato pure «i ritardi per la realizzazione del contratto di servizio». Situazione dettata secondo Padoa-Schioppa dall'«eccessiva frammentazione delle responsabilità nel quadro aziendale». E al consiglio di amministrazione il ministro imputa il fatto di incentrare spesso «i lavori su questioni di carattere minuto e di dettaglio della programmazione che dovrebbero essere di competenza delle strutture operative», mentre «non sono stati esplicitati indirizzi strategici».
Nel frattempo fa passi avanti il testo del disegno di legge per la riforma proposto dal ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni e che oggi approda alla riunione di preconsiglio, in vista del Cdm di domani. Secondo la bozza il servizio pubblico televisivo sarà guidato da una Fondazione composta da 11 membri in carica per 6 anni: quattro nominati dalla Commissione di Vigilanza parlamentare, due dalla Conferenza Stato-Regioni e uno ciascuno da Cnel, Consiglio nazionale dei consumatori, accademia dei Lincei, uno dalla conferenza dei rettori delle università, e infine - grande novità - dai dipendenti Rai. La Fondazione sarà costituita entro 45 giorni dall'approvazione della legge ed entro 70 giorni da questo termine la Rai conferirà tutti i beni alla nuova istituzione. Sotto la Fondazione opererà Rai Spa, con un consiglio di amministrazione di cinque membri nominato dalla stessa Fondazione, in carica per tre anni, comprendente un presidente, deciso dalla Fondazione, e un amministratore delegato designato invece dal consiglio della Spa.
Entro sei mesi dalla sua costituzione, il consiglio della Fondazione dovrà deliberare una separazione societaria delle attività della Rai «pur dovendo assicurare l'unitarietà del gruppo e delle sue attività aziendali, anche in presenza di partecipazione di soggetti terzi».
Per svolgere il servizio pubblico sarà costituita una società finanziata dall'intero importo del canone televisivo. Un'altra, invece, sarà una società commerciale finanziata dalla pubblicità e da altri ricavi reperiti sul mercato. Una terza società si occuperà delle rete infrastrutturali di trasmissione (l'attuale Rai Way).
L'importo del canone sarà definito ogni due anni, mentre il contratto di servizio che lega lo Stato alla Rai avrà una durata di sei anni.

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