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Fischi a Prodi dall'assemblea di Confesercenti

di Nicoletta Picchio

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19 giugno 2007

Fischi. E poi ancora «buffone, vai a casa». Si scaglia contro il presidente del Consiglio la "rabbia fiscale" dei piccoli commercianti. Dopo gli artigiani, la scorsa settimana, ieri è stata la volta della Confesercenti. Sembrava tutto filare liscio quando Romano Prodi è entrato all'assemblea. Ma dopo le 25 pagine del presidente, Marco Venturi, che hanno riscaldato gli animi sugli studi di settore, con l'annunciata diserzione di massa, sul peso del racket e dell'usura, sulle spese eccessive di finanza pubblica, sulle disparità di trattamento con la grande distribuzione, quando Prodi si è alzato sono partiti i fischi e gli slogan. Anche con cartelli contro le liberalizzazioni («Prodi e Bersani, nemici dei benzinai»), mentre Venturi chiedeva la calma per poi prendere le distanze: «No a claque organizzate: siamo un'organizzazione ospitale».
Applausi invece al ministro del Lavoro, Cesare Damiano, e al sindaco di Roma, Walter Veltroni, che ha esordito con un appello alla Confesercenti: lottare insieme contro l'abusivismo, colpendo i poteri che mettono nelle mani degli extracomunitari i prodotti contraffatti, cioè la camorra e la mafia. E ha riproposto a livello nazionale il "modello Roma", di concertazione con le parti sociali e le categorie per accelerare la crescita di tutto il Paese.
Venturi è subito partito a gamba tesa sugli studi di settore. Scroscia l'applauso quando sollecita il Governo a occuparsi dell'«evasione totale e sulle grandi società di capitale», quando protesta contro la decisione del Governo di far pagare più imposte, con un costo per le imprese del settore di 15 miliardi di euro. Non solo: le nuove imposte locali costeranno alle imprese 7,5 miliardi nel prossimo triennio.
Invece di aumentare le tasse, per Venturi bisognerebbe tagliare gli sprechi. Ha sottolineato più volte il ruolo delle piccole e medie imprese e la differenza di trattamento con la grande distribuzione: per esempio, mantenere la valenza fiscale dello scontrino ancora per un anno per le piccole e toglierla per la grande distribuzione. Per le pensioni, invece di difendere i tabù dell'età, bisogna assicurare un futuro ai giovani.
Quanto alle liberalizzazioni, la Confesercenti non si oppone, ma contesta l'urgenza su panificatori o benzinai, quando la pietra dello scandalo è il margine del 27% delle compagnie o quel 70% che va allo Stato. Sui contratti, a suo parere è deleterio qualsiasi intervento e comunque restano di pertinenza delle parti sociali. E poi il turismo, il Sud, la sicurezza: la soglia delle 40mila rapine l'anno è stata superata, il 92% dei reati resta impunito. Le conseguenze dell'indulto sono state negative. A questo punto l'atmosfera si surriscalda. Partono fischi e proteste, mentre Prodi si avvia verso l'uscita. Il premier decide di non commentare ma in serata fonti di Palazzo Chigi fanno filtrare la reazione alla nuova contestazione, la terza a giugno dopo quella al festival dell'economia di Trento e a Noto in Sicilia: non si deve cadere nel vortice delle polemiche, perché il rischio è quello di danneggiare il Paese. Colpisce l'enfatizzazione mediatica dei fischi. Prodi, però, non ha intenzione di arroccarsi: continuerà a girare per il Paese e a incassare quegli applausi che — sottolinea l'entourage del Professore — non vengono registrati e non fanno notizia.
Meglio del premier è andata al ministro del Lavoro, Cesare Damiano. L'esponente del Governo è stato applaudito quando ha detto di voler equiparare la pensione dei parlamentari alle regole generali del sistema, di estendere le tutele alle piccole imprese, di puntare a una «flessibilità buona» che aiuti le imprese ed elimini gli abusi, di lottare contro il lavoro nero. Sul fisco, ha preso l'applauso quando ha detto che il Governo «non deve chiudersi» ed è piaciuta ancora anche la sua frase sul bisogno della politica di riavvicinarsi ai cittadini, superando le logiche particolari e lavorando per il bene comune del Paese.

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