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Con la «ricetta Grillo» via un parlamentare su tre

di Francesco Nariello e Salvatore Patriarca

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11 settembre 2007

L'effetto Grillo sul Parlamento in carica

Un parlamentare su tre fuori dall'Aula. E, soprattutto, tutti i big della politica italiana. Questo il quadro che si avrebbe se l'iniziativa popolare promossa da Beppe Grillo fosse già legge.
A perdere il seggio sarebbero 300 eletti: 119 senatori e 181 deputati. Tutti con lo stesso limite: aver già compiuto più di due mandati in Parlamento. La soglia massima consentita dalla proposta legislativa del blogger genovese. I maggiori cambiamenti riguardano Palazzo Madama, dove ben il 37,4% degli attuali senatori può vantare una lunga militanza in Aula. Il partito con la più alta anzianità parlamentare è Alleanza Nazionale. Dei 38 componenti del gruppo più della metà (20), secondo la simulazione, è costretta a lasciare l'emiciclo. A ruota c'è Forza Italia, che vede ridursi a 38 il numero dei suoi rappresentati: circa il 47 per cento in meno dei 72 attuali. Leggermente migliore la situazione dell'Ulivo: solo 31 i senatori che, nell'ipotesi Grillo, perdono il posto. Quelli che lo mantengono sono 58, pari al 65,2 per cento degli afferenti al gruppo. Da segnalare, tra i partiti più piccoli, il caso Prc, che è la forza politica con il più spiccato ricambio generazionale: soltanto il 15 per cento dei suoi senatori ha già svolto due mandati.
Meno evidenti le novità a Mon-tecitorio, che conserva quasi 450 deputati. A lasciare l'Aula sono solo in 181. Anche in questo caso è An a possedere il corpo politico con il minor ricambio: 32 dei 69 deputati del gruppo hanno superato il limite delle due legislature. A seguire ancora una volta Fi: i deputati azzurri sono 133, più di un terzo dei quali verrebbe "sfrattato" dall'Aula. L'Ulivo, invece, conferma la spinta al ricambio promossa nelle ultime elezioni ( soprattutto dai Ds) con un tasso di rinnovamento intorno all'80 per cento.
Tra i leader non ne rimane quasi nessuno. Silvio Berlusconi e Walter Veltroni restano al palo con i loro quattro e cinque ingressi in Parlamento. Si salva invece il premier, Romano Prodi, eletto nel 1996 e poi nel 2006.L'altra eccezione è Enrico Letta, attualmente al secondo mandato. Il più navigato tra i segretari di partito è Clemente Mastella (Udeur) con ben nove conferme. Subito dopo, Gianfranco Fini (An) con sette. Caso a sè quello di Lorenzo Cesa, guida dell'Udc,che nel 2006 si è seduto per la prima volta a Montecitorio. Con la "legge Grillo", gli stessi presidenti delle Camere sono esclusi: Franco Marini, infatti, è già a quota cinque, Fausto Bertinotti "solo" a quattro.
Il veterano del Parlamento, escludendo i senatori a vita (Giulio Andreotti, sempre presente dalla Costituente, ed Emilio Colombo che ha mancato solo due mandati), è l'ex segretario della Dc, Ciriaco De Mita che può vantare 11 elezioni. Trai
recordmen del Palazzo vanno ricordati il senatore Armando Cossutta (Pcdi), Mirko Tremaglia (An) e Angelo Sanza (Fi), tutti a quota dieci.
Non si placano intanto le polemiche politiche dopo il V-Day di sabato scorso. Da rilevare la tenue apertura di Bertinotti verso la manifestazione organizzata da Grillo che, secondo il presidente della Camera, «ha riempito un vuoto». Certo, ha osservato la terza carica dello Stato, «non sempre i materiali che riempono il vuoto sono eccellenti, ma non possiamo prendercela con chi li riempie». Presa d'atto dell'ondata di antipolitica dal leader Ds, Piero Fassino, che invita tutti alla riflessione. Molte dure sono state invece le parole di Pier Ferdinando Casini (Udc): «Solo una classe politica senza ideali e priva di serie motivazioni può scodinzolare dietro Beppe Grillo». Differente è l'analisi di Fabrizio Cicchitto (Fi), che vede nella riduzione dei privilegi dei politici la risposta alla disillusione della piazza: «Per togliere pretesti ad una campagna dai contenuti assai inquietanti, i costi della politica vanno ridotti».

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