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Grillo? Non è solo antipolitica, ma un messaggio diretto al cuore di chi non si sente ascoltato

di Marco Cacciotto*

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18 settembre 2007

Sono passati dieci giorni dal V-day, ma Beppe Grillo continua a dominare le cronache dei quotidiani e gli spazi dedicati alla politica in televisione. Anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha dovuto impiegare parte della trasmissione a lui dedicata nel salotto di Bruno Vespa, per confrontarsi con le proposte del comico genovese e la sua "scesa in campo".

Come indicato dal titolo "Adesso parlo io", la trasmissione doveva essere l'occasione per Romano Prodi di riprendere, anche "mediaticamente", la guida del centrosinistra. Una guida offuscata dalla nascita del PD e, in particolare, dalle primarie per la scelta del leader della nuova formazione politica che hanno dominato le cronache estive.
Invece Prodi non è stato capace di spiegare in modo efficace gli obiettivi di governo, è apparso per lo più sulla difensiva e ha sempre rinviato al futuro (in un caso è arrivato a dire "vedrete tra 15 giorni", ma allora perché non aspettare ad andare da Vespa?). Il governo Prodi ben rappresenta la difficoltà complessiva del centrosinistra di comunicare un messaggio "forte" non solo agli italiani, ma anche ai propri elettori.
Walter Veltroni ha provato ad invadere il territorio "avversario" parlando di tasse e sicurezza come priorità, ma si tratta di tematiche che sono alla base della rabbia e disaffezione di molti cittadini e di per sè non sono sufficienti ad invertire una congiuntura negativa per i partiti al governo.

Serve un messaggio capace di parlare al cuore delle persone, di agire sul livello emozionale: come dimostra il bel libro "The Political Brain" di Drew Westen, quando in politica ragione ed emozione si scontrano, quest'ultima vince inevitabilmente. Le campagne di successo si basano su un partito con un brand forte definito attraverso valori di base, sulla capacità di prendere posizioni basate su principi sulle tematiche più importanti per gli elettori, di prestare attenzione a valori e comportamenti consci ed inconsci, di attivare od inibire collegamenti neurali associati ad emozioni positive e negative.

E' un errore collegare il successo di Grillo solo all'antipolitica. Le persone che hanno partecipato alle manifestazioni di piazza e animano il sito sono in larga parte attente alle vicende politiche, ma non si sentono "ascoltate" e rappresentate dai partiti. Si tratta di quell'elettorato "liquido" che incolpa la politica e i partiti dei propri problemi, che sente i politici distanti perché non si preoccupano dei problemi della gente comune. Quello di Grillo è un messaggio emotivo, basato su prese di posizione di principio su temi quali l'ecologia e la salute dei cittadini (le battaglie contro gli inceneritori), le insicurezze (il lavoro precario ed ora le "vittime dell'indulto"), la politica "pulita" (la battaglia per escludere dal parlamento i politici condannati in via definitiva).
Il sondaggio di Renato Mannheimer, pubblicato ieri dal Corriere della Sera, conferma che si tratta di tematiche in grado di saldare elettori liquidi ed elettori "radicali", ma per far cosa? Beppe Grillo farebbe male, nella sua battaglia contro i partiti, a fondare un partito. La politica italiana è, infatti, troppo partito-centrica: per incidere sull'arena pubblica vi sono altre forme come i movimenti, i gruppi di interesse o legati ad una singola tematica, le associazioni di categoria.

Gli Stati Uniti dimostrano che movimenti liberal come MoveOn o show radiofonici come quello della conservatrice Laura Ingraham, permettono di incidere molto di più sull'arena politica rispetto all'ingresso diretto nei partiti o alla creazione di una nuova formazione.
Riuscirà Grillo a non cadere nella doppia trappola della semplice protesta anti sistema o dell'ennesimo partitino?

*Marco Cacciotto è consulente e analista politico, è docente di di "Marketing politico" presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano e di Firenze.
Email: mcacciotto@publiconline.it

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