Lo stato vegetativo permanente è vita e come tale va conservata. È questo il senso del pronunciamento di ieri della Congregazione per la dottrina della fede sul caso di Terri Schiavo, che spazza via ogni dubbio sulle posizioni della Chiesa sull'eutanasia e sull'accanimento terapeutico. Su questi due temi l'episcopato americano si era rivolto all'ex Sant'Uffizio nel 2005, sull'onda del dibattito che si scatenò in America dopo la morte di Terri Schiavo. Il problema posto dai vescovi statunitensi riguardava nella fattispecie l'alimentazione e l'idratazione, «soprattutto se somministrate per vie artificiali».
«È obbligatorio», ha risposto la Santa Sede, nutrire anche chi è in coma e non può alimentarsi autonomamente. E non si tratta di accanimento terapeutico, ma solo di fornire «cure ordinariee proporzionate». I pazienti in stato vegetativo come Terri Schiavo sono «persone, con la loro dignità umana fondamentale», spiega la Congregazione della dottrina della fede, di conseguenza, «non è lecito abbandonare a se stessi questi pazienti», anche quando «lo stato vegetativo si prolunghi».
Tre i «casi eccezionali» per cui non vale questa regola assoluta, anche se le eccezioni «nulla tolgono al criterio etico generale ». Si possono interrompere alimentazione e idratazione in caso di estrema povertà, qualora sia impossibile nutrire il paziente artificialmente; «se il paziente non assimila il cibo e i liquidi »; oppure, «se l'alimentazione e l'idratazione comportano per il paziente un rilevante disagio fisico».
«Posizioni legittime, che vanno rispettate », dice Ignazio Marino dei Ds, ma «va considerato il principio dell'autodeterminazione del paziente». Plauso dalla Casa delle libertà, che con Isabella Bertolini (Fi) dice: «Fa bene il Vaticano a ribadire il principio d'intangibilità della vita».
A. Ti.