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10mila facce per salvare Tuvalu, l'isola che affonda

di Guido Romeo

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8 ottobre 2007

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Diecimila facce sono meglio di qualsiasi argomentazione scientifica per catalizzare l'attenzione del mondo sugli effetti del riscaldemento climatico. È questo il pensiero di Suuichi Endou, un fotografo giapponese di 41 anni, che ha deciso di ritrarre tutti gli 11mila abitanti di Tuvalu, una piccolissima nazione del Pacifico a nord delle Figi, costituita da nove atolli che rischiano di scomparire tra le onde nel giro dei prossimi anni a causa dell'innalzamento del livello dell'Oceano.

Il progetto, coordinato dall'Ong Tuvalu Overview, è monumentale, ma già prossimo al completamento. Suuichi conta anzi di completarlo entro il prossimo G8 che si terrà in Giappone, per sensibilizzare i governi e l'opinione pubblica sui danni del cambiamento climatico. Gli atolli di Tuvalu sono alti appena 10 centimetri sopra il livello del mare e hanno una superficie complessiva di 26 chilometri quadrati, ma negli ultimi anni molti sono già divenuti inabitabili a causa dell'azione delle onde che ogni giorno erodono queste sottili lingue di sabbia.

Se il livello medio delle acque continuerà ad innalzarsi con il ritmo registrato negli ultimi anni, entro il 2060 più di 10mila persone potrebbero trovarsi senza casa. Un evento senza precendenti anche da un punto di vista storico perché non è mai avvenuto che uno Stato perdesse tutta la sua superficie se non a causa di un'invasione.

Per ironia della sorte, gli abitanti di Tuvalu non contribuiscono quasi alla produzioni di emissioni di CO2 responsabili del riscaldamento globale poiché vivono principalmente di agricoltura e pesca. Durante la New Economy si pensava che le piccole isole avrebbero beneficiato di lauti guadagni provenienti dall'affitto del dominio ".tv", ma così non è stato e la principale risorsa rimane l'ambiente naturale nel quale vivono.

Lo stesso problema si sta ponendo per altre piccole nazioni-isola come Kiribati, le isole Marshall e le Maldive. Per questo il governo della piccola nazione ocenanica sta spingendo, in seno all'Onu al quale ha aderito nel 2000, perché venga stabilito un meccanismo di compensazione da parte dei maggiori Paesi inquinatori, come Usa e Cina, nei confronti delle nazioni danneggiate.

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