Quello appena trascorso è apparso come il primo fine settimana di una campagna elettorale che potrebbe durare qualche mese oppure qualche arrivando, attraverso varie tappe intermedie (amministrative nel 2008 e 2009, Europee nel 2009, Regionali nel 2010) alla scadenza naturale del 2011.
La campagna permanente è ormai una realtà anche da noi: l'azione politica e il tono del dibattito politico è sempre più "elettoralistico", anche nei normali periodi di legislatura. Basti pensare al linguaggio utilizzato dalla maggior parte degli esponenti politici durante gli eventi del 13 e 14 ottobre e nei commenti a caldo, all'utilizzo di parole chiave e slogan tipici delle campagne elettorali.
Tra sabato e domenica si sono fronteggiati i due leader cinquantenni che le ricerche indicano, da tempo, come i due preferiti dagli elettori. Il primo, Walter Veltroni, ha fatto un passo decisivo conquistando la leadership del nascente partito Democratico. Il secondo, Gianfranco Fini, ha ripreso protagonismo e visibilità attraverso la manifestazione romana che ha portato in piazza cinquecentomila persone per dare il "foglio di via" al governo Prodi. Con lo slogan "meno tasse, città sicure", Alleanza Nazionale si è appropriata (o riappropriata) di due temi che sono stati alla base del successo di Silvio Berlusconi nel 2001 e che rappresentano due priorità molto sentite dagli italiani.
Veltroni è, invece, alle prese con la difficoltà a mostrare segni di discontinuità rimanendo ancorato ad un governo in forte difficoltà nel rapporto con l'opinione pubblica (e con una parte considerevole dei suoi stessi elettori). Le sue prese di posizione su fisco (il decalogo), sicurezza, debito pubblico, legge elettorale, sono state accolte con evidente fastidio da Prodi, che le ha bollate come "indebite interferenze".
Veltroni non vuole lasciare sicurezza e tasse al centrodestra e nemmeno il Nord: è un segnale preciso che il 27 ottobre l'assemblea costituente terrà la sua prima riunione a Milano. Dopo il discorso del Lingotto si tratta di un nuovo segnale di attenzione verso un'area del Paese che si preannuncia decisiva nella prossima campagna elettorale. Il PD di Veltroni è un partito a vocazione maggioritaria che guarda al centro, che vuole conquistare "il popolo delle partite Iva", i piccoli e medi imprenditori. Questo richiede una forte discontinuità nelle proposte e nel rapporto con l'ala sinistra della coalizione.
Era prevedibile che nel breve periodo la nascita del PD potesse portare una maggiore instabilità a causa del riallineamento delle forze politiche, tuttavia le prime parole di Veltroni aprono nuovi interrogativi non solo sul breve, ma anche sul medio periodo.
Welfare e Finanziaria saranno i primi due "banchi di prova" della coabitazione Prodi-Veltroni, fra due progetti che non sembrano compatibili: il partito a vocazione maggioritaria di Veltroni presuppone un sistema elettorale che rafforzi la sua centralità (e forse anche capacità di presentarsi da solo); Prodi ha fatto del suo rapporto e della sua capacità di mediazione con la sinistra radicale, il punto di forza della sua leadership di una coalizione ampia e poco coesa.
A salvare il governo Prodi è la considerazione che, qualunque fosse il leader schierato dal centrosinistra, le elezioni ora verrebbero vinte dal centrodestra. Veltroni ha bisogno di tempo, ma ha anche bisogno di riforme che, come ha sottolineato più volte, si potrebbero fare e in poco tempo (otto mesi). Berlusconi, che vede la vittoria a portata di mano, non è intenzionato ad offrire una sponda ed anche Fini si è allineato.
Il leader del centro destra potrebbe cambiare idea a gennaio qualora il governo uscisse indenne da riforma del welfare e finanziaria e dimostrasse la capacità di autorifomarsi (attraverso una riduzione drastica di ministri e sottosegretari) dando vita ad una nuova fase. Resta da chiedersi se Prodi sarà disposto a farsi dettare la linea dal PD di Veltroni o se quest'ultimo sarà disposto a vedere la sua leadership indebolità poiché non riesce a dar seguito alle aspettative di "nuova stagione" che sta generando.
*Marco Cacciotto è consulente e analista politico, è docente di di "Marketing politico" presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano e di Firenze.