Domenica 15 gennaio il Cile elegge il suo prossimo presidente della Repubblica: otto milioni di
elettori sono chiamati alle urne per il ballottaggio fra Michelle Bachelet, candidata della coalizione di centrosinistra Concertacion, e l'imprenditore Sebastian Piñera, neoliberista espresso dal partito Renovacion Nacional.
Il vincitore si insedierà l'11 marzo come successore del socialista Ricardo Lagos, che ha guidato il Paese per due mandati.
La Bachelet era uscita con un grande vantaggio dal primo turno con il 45,95% dei voti, contro il 25,41% di Piñera. La destra era però giunta al voto: un altro 23,22% delle preferenze era andato infatti a Joaquim Lavin, ex sindaco di Santiago che adesso sostiene Piñera e con il quale ha dato vita alla coalizione Alianza por Chile. Sommati, i loro voti potrebbero dare filo da torcere alla candidata socialista, che tuttavia secondo gli ultimi sondaggi avrebbe cinque o sei punti di vantaggio: in particolare l'Istituto Mori assicura che la Bachelet vincerebbe con il 53% dei voti, mentre Piñera riceverebbe il 47 per cento.
Due anime della destra con Piñera. Su questi numeri ha una certa influenza anche il quarto candidato del primo turno, espressione della coalizione di sinistra Podemos, Thomas Hirsch, il quale benché arrivato ultimo, ha conquistato un prezioso 5,4% che potrebbe travasare nelle casse della socialista Bachelet. Nel centrodestra, invece, Piñera infatti deve tenere insieme due diverse esigenze; quelle dei centristi, dei quali è candidato naturale, e quelle della destra «laviniana», più radicalmente conservatrice, alla quale non sono piaciute le critiche nei confronti di Pinochet e della dittatura. Il generale
che proprio in quest'ultimo periodo, con una serie di gravi accuse e processi in corso, a novant'anni vive la sua stagione più nera e che, secondo il presidente uscente Ricardo Lagos «non ha più nessuna rilevanza nella vita politica del Paese».
La Bachelet, su questo tema, è d'accordo a mettere in soffitta l'ex-dittatore ma non la dittatura: si dice contraria a una legge «ponto final» che risolva il tutto con un'amnistia; laurea in medicina, 54 anni, già titolare di due ministeri con Lagos (Sanità e poi Difesa), è figlia di un generale morto in carcre sotto il regime. Durante la campagna elettorale ha molto insistito sulla riduzione della disuguaglianza sociale, problema molto sentito in Cile, soprattutto in questi anni di forte crescita economica. Sarebbe la prima donna a insediarsi nel Palacio de la Moneda e non fa segreto di essere una umanista laica «senza il dono della fede» in un Paese a maggioranza nettamente cattolica: fatto che le ha creato qualche problema nella sua alleanza con i democratici cristiani e
ha regalato spunti di critica al suo avversario. Appoggio alla candidata di Concertacion viene da larghi settori della cultura, come la scrittrice Isabelle Allende, nipote del presidente assassinato.
Imprenditore di successo, studi di economia ad Harvard, 56 anni, proprietario di una rete televisiva e di una compagnia aerea, Piñera ha promesso 100mila nuovi posti di lavoro nei primi tre mesi di mandato e facilitazioni per le nuove imprese, punto sul quale converge anche la socialista. Discordano invece sulla sicurezza e le forze dell'ordine, che per Piñera sono da aumentare massicciamente, mentre Bachelet punta a una riforma del sistema pensionistico. Negli ultimi giorni di dibattito è entrato di peso anche il problema delle popolazioni indigene che da tempo chiedono un riconoscimento di fatto: tema che ha messo in conflitto Piñera e il presidente Lagos, il quale ha urgentemente approvato una riforma costituzionale in tal senso, anticipando una delle promesse del candidato di centro-destra. Piñera sarebbe il primo esponente
della destra a guidare il Paese dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet, cioè dal 1990.
Economia in salute. Le biografie dei due candidati spiegano le loro profonde differenze sul piano politico ed ideologico, ma la vittoria dell'uno o dell'altro non porterebbe a un cambiamento drammatico per i cileni, secondo gli osservatori, dato che entrambi garantirebbero la continuità di quel modello economico che ha permesso al Cile di triplicare il suo Pil negli ultimi quindici anni . I governi guidati dal 1990 dalla «Concertacion por la Democracia» (coalizione che comprende socialisti, socialdemocratici e democristiani) hanno infatti sempre sostenuto il modello liberista e i vantaggi della globalizzazione.
Bachelet rappresenta dunque la continuità di un modello già ben collaudato, il che le ha consentito di privare l'opposizione di uno dei suoi tradizionali cavalli di battaglia
costringendola a spostarsi sul piano dei problemi sociali non risolti. Infatti Piñera ha puntato la sua campagna elettorale su temi come la lotta contro la criminalità, la condizione dei lavoratori salariati di livello più basso, la qualità di istruzione e salute, le pensioni basse e la cattiva distruzione della ricchezza - in sintesi, temi tradizionali della sinistra. Le differenze sono invece notevoli sul piano culturale e dei valori. Una donna, per giunta socialista, divorziata e agnostica - alla presidenza del Cile implicherebbe una trasformazione profonda di un Paese tradizionalmente conservatore, che, ad esempio, ha una legge sul divorzio da meno di un anno.