WASHINGTON – Pessime notizie per George W.
Bush e per la maggioranza repubblicana che lo sostiene: la popolarità del presidente Usa, da mesi in caduta libera, è crollata al minimo storico del 31%. Il Congresso è sceso ancora più giù: appena un americano su quattro approva il lavoro dei parlamentari. I sondaggi promettono male a sei mesi dalle elezioni di metà mandato, il 7 novembre, quando gli americani dovranno rinnovare la Camera e un terzo del Senato.
Bush è al punto più basso della sua presidenza e non è detto che abbia toccato il fondo. Gli ultimi rilevamenti della Gallup per
UsaToday e del
New York Times/Cbs sono concordi nell’indicare appena il 31% di consensi.
A preoccupare gli strateghi elettorali è l’erosione della fiducia in casa, lo scontento di molti fedelissimi del “nocciolo duro” che ha rieletto Bush alla Casa Bianca. Nel sondaggio New York Times/Cbs, solo il 45% dei cristiani evangelici, il 51% dei conservatori e il 69% dei repubblicani approva il lavoro del presidente. Sono le percentuali più basse registrate nei rispettivi gruppi.
Le due ragioni principali del pollice verso sono l’Iraq e i prezzi della benzina. Solo il 39% degli americani, in entrambi i sondaggi, approva la decisione presa tre anni fa di invadere il paese di Saddam Hussein. L’Iraq è il motivo di dissenso indicato alla Gallup dal 56% degli americani che disapprovano l’operato di Bush. Ha perso credibilità la tesi dell’amministrazione Usa secondo cui la guerra in Iraq mette gli Usa al riparo da attentati terroristici: nell’aprile 2003, dopo la caduta di Baghdad, il 58% degli americani interpellati dalla Gallup pensava che l’America sarebbe stata più sicura, oggi il 53% ritiene che invece sia meno sicura.
Il 13% degli scontenti per il modo di agire di Bush esprime insoddisfazione – nel rilevamento Gallup - soprattutto per il modo in cui il presidente ha fatto fronte all’aumento dei prezzo della benzina, che supera i 3 dollari a gallone (circa 80 cent al litro) e mette in crisi la gente abituata ad alti consumi. L’89% degli intervistati da New York Times/Cbs dice che questa amministrazione non ha un piano per affrontare il problema, oltre i due terzi sostiene che la guerra in Iraq è responsabile almeno di una parte dell’aumento dei prezzi della benzina e il 71% ritiene che le compagnie petrolifere stiano approfittando dell’aumento dei prezzi.
Solo quattro presidenti hanno registrato tassi di consenso più bassi, da quando a metà degli anni ’40 la Gallup ha cominciato a misurare la popolarità dei capi della Casa Bianca: Harry Truman (23%), Richard Nixon (24%), Jimmy Carter (28%) e il primo presidente Bush (29%). Nei rilevamenti New York Times/Cbs, Bush padre era sceso allo stesso minimo storico del 31%, solo Nixon e Carter avevano fatto peggio di George W. Oltre due terzi degli americani (New York Times/Cbs) sono convinti che oggi l’America sia messa peggio di quando Bush è diventato presidente, prendendo il testimone da Clinton. «E’ un clima politico difficile», ammette Tracey Smith, una portavoce del Comitato nazionale repubblicano «Ma sono fiduciosa che alla fine, a novembre, gli elettori riconosceranno che un Congresso democratico non sarebbe adatto a garantire l’economia e la sicurezza della nostra nazione».
Ma va di male in peggio quando si passa al Congresso. Gli americani che approvano il suo operato sono appena il 23% nel sondaggio New York Times/Cbs, il 25% nell’ultimo rilevamento Ap/Ipsos. Non c’è da stupirsi, spiega Bill Schneider, analista politico della Cnn: «Il Congresso non riesce a fare la riforma dell’immigrazione. Non riesce a varare un bilancio. Non può neppure controllare la propria spesa. L’etica? Meglio non cominciare…». Sono nei guai per corruzione parlamentari repubblicani – l’ex leader della maggioranza alla Camera Tom DeLay è sotto processo, Duke Cunningham è già stato condannato ad anni di carcere - e democratici, come William Jefferson. E l’indagine federale sulle attività del super-lobbista Jack Abramoff è una bomba a orologeria che fa tremare parlamentari, dirigenti dei ministeri e perfino la Casa Bianca. A rincarare la diffidenza dell’opinione pubblica è il fatto che, in mezzo a tanti scandali, Senato e Camera hanno votato testi di legge sulle lobby che difficilmente faranno l’auspicato repulisti.
L’elettorato è irritato per come Capitol Hill ha affrontato il problema del caro-benzina: «Il Congresso può fare qualcosa per i prezzi della benzina?», continua Schneider. «Come no, un assegno da 100 dollari per tutti gli americani. A furia di risate, la proposta è stata spazzata via dall’agenda». Alcuni senatori repubblicani avevano infatti messo a punto un progetto che prevedeva l’invio quest’estate di un assegno da 100 dollari a 100 milioni di contribuenti americani, indipendentemente dal possesso di un’automobile. L’idea è stata subito messa in ridicolo dai democratici e anche da altri repubblicani: gli staff dei senatori sono stati sommersi di lettere ed e-mail di elettori che si sentivano insultati dalla mossa, vista come un goffo tentativo di comprare il loro voto. «E’ già successo che il tasso di approvazione del Congresso fosse così basso? Sì, nel 1994 – avverte Schneider -, l’ultima volta che gli elettori arrabbiati rovesciarono il partito di maggioranza al Congresso». Dodici anni fa, infatti, il Congresso aveva un sostegno del 23% e nell’autunno i repubblicani presero il controllo della Camera.
Ora il vento sembra soffiare a favore dei democratici, che per conquistare la maggioranza devono strappare almeno 15 seggi alla Camera (e cinque al Senato, dove ce ne sono in palio appena 33). Nel sondaggio Ap/Ipsos, il 51% dice di preferire che il Congresso sia controllato dai democratici, solo il 34% vuole un controllo repubblicano. «I problemi che hanno tormentato i repubblicani hanno chiaramente aiutato i democratici», commenta il quotidiano della Grande Mela. Nel sondaggio New York Times/Cbs, il 50% degli intervistati dice che i democratici esprimono meglio i loro valori morali, mentre il 37% si sente rappresentato dai repubblicani. Una maggioranza ritiene più probabile che siano corrotti i repubblicani invece dei democratici. E una maggioranza pensa che i democratici farebbero meglio su Iraq, prezzi della benzina, immigrazione, tasse, sistema sanitario e libertà civili. I repubblicani sono però considerati più efficaci nel mantenere una forte difesa militare e hanno un lieve vantaggio nel combattere il terrorismo.