12 ottobre 2006 |
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Corea del Nord, Tokyo e Seul preparano la difesa anti-missileR.B |
Dopo le sanzioni economiche decise dal Giappone arrivano le minacce nordcoreane.
Pyongyang ha minacciato l'arcipelago nipponico di «forti contromisure» se dovessero essere applicati i nuovi provvedimenti decisi ieri dal Governo nipponico.Al Palazzo di Vetro, nonostante l'auspicio statunitense di rispondere con una voce sola, rapidamente, all'esperimento nucleare nordcoreano, permangono notevoli divergenze. La Cina, infatti, pare intenzionata a includere in una risoluzione di condanna una clausola specifica che escluda l'eventualità di un intervento armato contro Pyongyang. Gli Stati Uniti, insieme al Giappone, premono invece per un documento condiviso basato sul Capitolo 7, che prevede sanzioni economiche ma anche, in caso di manifesta minaccia alla pace internazionale, l'intervento militare.
La bozza presentata da Tokyo e Washington prevederebbe la chiusura di porti e aeroporti a tutti i mezzi di trasporto nordcoreani, un divieto di transito per i funzionari di Pyongyang, un blocco di ogni scambio di prodotti utilizzabili militarmente e di articoli di lusso.
Dal versante giapponese arrivano le prime decisioni formali sui provvedimenti contro la Corea del Nord, la cui reazione non si è fatta attendere. In serata il diplomatico Song Il-ho, da Pyongyang, ha minacciato il Giappone di «vigorose contromisure» qualora Tokyo intenda procedere sulla strada delle misure punitive, aggiungendo con fare intimidatorio che «la Corea del Nord non parla mai invano» e che «le misure contro il Giappone saranno di natura più grave rispetto a quelle verso altri Paesi, in virtù del suo passato colonialista nella penisola coreana».
Le sanzioni definite da Tokyo sono di tipo prettamente economico, dalla rilevanza assai limitata ma hanno un importante valore politico alla vigilia della decisione dell’Onu sulle sanzioni ai nordcoreani.
Sul fronte strategico-militare, proseguono le mosse congiunte di Stati Uniti e Giappone contro un'eventuale emergenza bellica. Il primo carico di un nuovo sistema americano di difesa antimissile è giunto oggi nell'arcipelago, dove sarà operativo entro la fine dell'anno. Si tratta di 24 ordigni antimissile che saranno schierati nella base statunitense di Kadena, nell'isola meridionale di Okinawa. Gli intercettori sono del tipo Pac-3, destinati a colpire al rientro nell'atmosfera (cioè a una dozzina di chilometri di quota) ordigni balistici che fossero sfuggiti al sistema 'Aegis' composto da missili collocati su un incrociatore e una decina di cacciatorpediniere americani di base in Giappone. Un'altra ottantina di Pac-3 è stata acquistata da Tokyo negli Usa e dovrebbero essere installati entro marzo in una base aerea della provincia di Saitama, a nordovest della capitale.
Il rafforzamento della strategia di difesa nell'area giapponese, già decisa dal 1999, ha subito una forte accelerazione dopo l'improvviso esperimento missilistico nordcoreano dello scorso 5 luglio, che ha visto il lancio di 6 ordigni a media gittata e uno intercontinentale, teoricamente in grado di raggiungere il suolo statunitense.
Anche la Corea del Sud cerca protezione sotto l'ombrello nucleare americano e potenzierà il proprio arsenale convenzionale. Fin dal 1978, Washington ha promesso a Seul che avrebbe messo a punto un «ombrello atomico», ma il test nucleare condotto da Pyongyang ha reso la questione più urgente.
La Corea del Sud, hanno riferito fonti diplomatiche sudcoreane, ha intenzione di chiedere alla Casa Bianca armi nucleari tattiche da utilizzare a seconda delle varie esigenze. Nel frattempo lo sforzo tecnologico militare sudcoreano sarà tutto concentrato sui sistemi antimissile in grado di vanificare oggi tentativo di attacco da parte della Cora del Nord.
Seul continua il monitoraggio del confine con la Corea del Nord alla ricerca di tracce radioattive. Pyongyang ha assicurato che dal sito dell'esperimento, a circa 300 chilometri dal confine con la Corea del Sud, non ci sono state fughe radioattive e i 38 sensori dislocati lungo il 38.mo parallelo non hanno rilevato alcuna variazione.
Un esperto francese dubita che il test sia stato un successo. L'esplosione, secondo Javier Clement, portavoce dell'Agenzia atomica francese, è stata talmente debole che, «se l'ordigno che è stato fatto esplodere era davvero una bomba atomica, è stato un flop».
Neppure la Cina - la città di Kilju dove è stato compiuto il test si trova a 115 chilometri dal confine cinese - ha registrato cambiamenti nel livello di radiazioni.
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