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Messico: mais per le auto e le tortillas vanno in crisi

di Roberto Da Rin

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25 gennaio 2007

Cibo o combustibile? Il mais è meglio a tavola trasformato in tortilla o nei serbatoi delle auto convertito in etanolo e poi in biocarburante? Il dilemma è solo messicano, per ora. Il prezzo del cereale è raddoppiato (in un anno) a causa dell'elevata richiesta di etanolo, ottenibile dal mais per produrre biocarburanti. Ma ha provocato una vera crisi alimentare perché le tortillas sono lievitate oltremisura. Non in forno, di prezzo. Costavano sette pesos al chilo (0,50 euro) e ora superano i 18.
Le tortillas sono l'elemento base della cucina messicana. Popolarissime e irrinunciabili, dalla prima colazione alla cena, preparate in mille modi diversi. Difficile immaginare che avrebbero potuto aprire un dibattito politico, economico, energetico, alimentare e persino etico. Ma è andata proprio così. Gli Stati Uniti sono il primo produttore ed esportatore al mondo di mais e al tempo stesso il maggior produttore di etanolo. Il Messico ne produce 21 milioni di tonnellate ma il suo fabbisogno è di 39. Da qui la necessità di importarlo e di subire i forti aumenti di prezzo. «L'alternativa, il trade-off, tra cibo e combustibile - dice Lester Brown, direttore dell'Earth policy institute - rischia di provocare un caos nel mercato mondiale degli alimenti».
Sono due le questioni aperte. La prima è globale. La riduzione della dipendenza petrolifera passa attraverso un aumento della produzione di biocarburanti che provoca un'«esternalità», dicono gli economisti. Ovvero un effetto non immediatamente prevedibile né superabile. Secondo Brown, appena sbarcato a Davos al World economic forum, «nessun Governo, né quello di Washington né altri, è cosciente della gravità della crisi che entro breve potrebbe riprodursi in Indonesia, Algeria, Nigeria o Egitto, Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle importazioni di cereali».
La seconda questione è i carattere regionale: la rivolta di decine di milioni di messicani vittime dell'aumento del prezzo di un bene basilare. I loro bilanci familiari vengono decurtati da un'inattesa fiammata inflazionistica. L'insufficienza alimentare che affronta il Messico può diventare grave e ha origini lontane: «Una riforma agraria impostata dall'ex presidente Salinas de Gortari negli anni Novanta - spiega a Il Sole-24Ore Marcello Carmagnani, professore ordinario di storia dell'America latina all'università di Torino - ha impedito che si sviluppasse un'autosufficienza alimentare e si aumentasse le dipendenza di importazioni dagli Stati Uniti. I nodi vengono al pettine e la crisi della tortilla rischia di avere conseguenze imprevedibili».
La riduzione dei sussidi ai produttori nordamericani di mais potrebbe essere una soluzione per incentivare quella messicana. Inoltre va ricordato che, a differenza di quanto accade in Brasile, dove l'etanolo è prodotto con materiali di scarto della canna da zucchero, «in Messico - spiega Carmagnani - l'etanolo viene ottenuto dal mais, una materia prima che, trasformata, finisce sulla tavola dei messicani».
Questa è la prima grana per il presidente Felipe Calderon, approdato alla guida del Messico dopo sei mesi di contestazioni. L'opposizione, dopo le presidenziali di luglio, continua a dare battaglia per presunti brogli. La risposta di Calderon viene giudicata, dalla maggior parte degli analisti politici, assolutamente insufficiente: l'aumento di 650mila tonnellate di mais importato dagli Stati Uniti a prezzo calmierato rappresenta solo il 3% della produzione nazionale e le ripercussioni sui prezzi e le tensioni sociali sono inevitabili.

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