Non ha lasciato indifferenti gli osservatori internazionali il contratto relativo alla costruzione del sistema di gasdotti che porteranno gas russo in Italia e Austria, il "South stream" (Ss), destinato a passare sotto due mari, il Mar Nero e l'Adriatico, stipulato sabato scorso a Roma tra i ministri italiano e russo dell'industria e i massimi dirigenti di Eni e Gazprom.
Entro tre anni, bypassando i tradizionali paesi di transito del gas russo, il "Ss" raggiungerà l'Austria da una parte, l'Europa meridionale (Serbia meridionale, Albania, Kosovo, Montenegro, Italia Meridionale) dall'altra.
Il progetto rafforza - ha detto il ministro italiano Bersani - la sicurezza energetica europea. Sarà il secondo gasdotto con immersione sottomarina in grado di collegare direttamente la Russia all'Ue. Due anni fa Germania e Russia si accordarono per costruire il gasdotto che collega le rive russe e tedesche del Baltico, l'Negp (Gasdotto del Nord Europa). Non poche critiche e proteste suscitò tra i paesi bypassati di transito (Polonia, Baltici, Ucraina), nella Ue e a Washington.
Le critiche al progetto South stream
Anche "Ss" ha sollevato molte critiche. Negli Stati Uniti le hanno espresse questa settimana due autorevoli giornali americani come "Wall Street Journal" (Wsj) e "International Herald Tribune" (Iht).
Il "Wall Street Journal", lunedì scorso, lo ha definito "allarmante", in quanto permetterebbe alla Russia di «usare le sue forniture di gas come una leva politica nei suoi rapporti con l'Europa».
Richiamandosi alle normative - respinte da Mosca - che i commissari europei alla concorrenza (Neelie Kroes) e all'energia (Andrus Pielbags) vorrebbero imporre a Mosca, per diversificare estrazione, trasporto e vendita-export di gas all'Ue, il Wsj ha scritto che «il governo italiano ha reagito molto aggressivamente ai dubbi dell'Europa nei confronti di Gazprom, confermando la Russia come suo partner strategico nel campo dell'energia, e anche in altri» (il riferimento riguarda l'ingresso di Finmeccanica in una società russa costruttrice di aerei militari, la Oak).
Due giorni dopo, l' "Internationl Herald Tribune" scriveva che il nuovo accordo Eni-Gazprom rappresenta «una nuova causa di disunione nell'Ue» circa i piani di approvvigionamento energetico: esso, infatti, minaccia il famoso e difficile progetto "Nabucco", patrocinato e voluto dall'Ue, e appoggiato degli Usa, per trasportare in Europa, passando per Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria e arrivando in Austria, il gas prodotto da Azerbajdzhan, Turkmenistan e Kazakhstan. Il fine è quello di bypassare la Russia (che monopolizza l'export del gas turkmeno) e diversificare i fornitori.
Un colpo al "Nabucco"
Il "Nabucco", tuttavia, è già a rischio. Prima a causa degli accordi di maggio scorso tra Putin e i presidenti di Kazakhstan, Turkmenistan e Uzbekistan in materia di nuove condutture per l'export dei loro gas e greggio. E ora per i sempre più problematici rapporti tra Turchia e Ue.
Ora, a questi ostacoli non previsti, arriva il progetto Eni-Gazprom a minare la realizzazione del costosissimo "Nabucco". Lo "Ss" permette – scrive lo Hit – a Gazprom e alla Russia di "stringere la loro morsa sul mercato europeo già prima che inizi la costruzione del Nabucco".
Il giornale americano ricorda come Putin, durante la recente visita in Austria, si sia impegnato con Vienna e con la società energetica Omv (entrambe impegnate nel "Nabucco") per fare dell'Austria un hub e un paese di transito per il gas russo diretto in Europa e per aumentare le forniture di gas al paese danubiano.
Putin e la Balcania
Sotto il profilo non solo energetico, ma anche geopolitica, il "Ss" si interseca con altre iniziative del dinamico Putin. Questi, il giorno dopo che i suoi uomini di fiducia di governo e Gazprom avevano firmato l'accordo a Roma con l'Eni, volava a Zagabria per partecipare come "ospite speciale" al summit energetico dei paesi dei Balcani (Albania, Bulgaria, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Romania, Serbia, Slovenia, Montenegro e Croazia), con il presidente Mesic che faceva gli onori di casa.
Alcuni dei paesi rappresentati al summit sono fuori dell'Ue, e tutti hanno bisogno per il loro sviluppo dell'energia della Russia, la loro principale fornitrice.
Nel 2006 essa ha esportato in quell'area 73 miliardi di metri cubi di gas e 59 milioni di tonnellate di greggio. Mentre da tempo è iniziata la penetrazione in quei paesi delle maggiori società energetiche russe (Lukoil, oltre Gazprom).
A Zagabria il presidente russo e il collega bulgaro Pyrvanov si accordavano affinché dalla Bulgaria, che assieme alla Romania ha un ruolo determinante nel progetto Eni-Gazprom, partano le forniture di gas russo verso la Macedonia, la Serbia meridionale, l'Albania e il Kosovo. In questi paesi Mosca si impegna a costruire infrastrutture di trasporto e reti necessarie alla gasificazione dei rispettivi territori. Al tempo stesso a Zagabria si confermavano le forniture di gas a Croazia e Slovenia.
Conclusione
La Russia cerca di ridurre, se non di eliminare, la dipendenza delle sue forniture di gas e di greggio all'Ue dai tradizionali paesi di transito ex-sovietici (come Ucraina, Bielorussia, Baltici) e dalle condizioni e vincoli e ricatti che essi pongono, tra cui i continui aumenti delle royalties o i blocchi ai trasporti. E persino i furti ("sifonamenti") dalle condotte. Sulla moscovita "Nezavisimaja Gazeta" è apparsa la più espressiva definizione del "South stream": «un nuovo knut (frusta russa) per Kiev e per Minsk». Ma anche per quanti finora hanno lavorato e lavorano per restringere alla Russia le vie dell'energia diretta all'Europa.