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Del Boca: «Basta con le una tantum, le giovani famiglie vanno aiutate»

di Piero Fornara

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2 giugno 2006

TRENTO - «Meno di due bambini su cento, al di sotto dei tre anni, hanno la possibilità di trovare un asilo nido nel Sud Italia, mentre questa percentuale arriva al 20% nelle regioni del Nord come la Lombardia, il Veneto e l'Emilia». Esordisce con questo dato sconfortante Daniela Del Boca, docente di economia politica presso l'università di Torino e direttore del Centro studi della famiglia e del lavoro (Child), nonché curatrice con Tito Boeri e Christopher Pissarides dello studio "Women at work - An economic perspective". Incontriamo la professoressa Del Boca al Festival dell'economia in corso a Trento, invitata per un "dialogo" con Paola Villa (università di Trento) e Pierre De Gasquet (corrispondente da Milano del quotidiano economico francese "Les Echos").

Soltanto la settimana scorsa il rapporto annuale Istat 2006 ha "fotografato" il crescente disagio della famiglia al Sud, dove il reddito medio è di circa tre quarti rispetto al Nord, e tante donne che hanno perso il lavoro nemmeno lo cercano più. Quali sono, secondo lei, i principali segnali d'allarme?
L'occupazione femminile in tutto in Paese non è aumentata, ma al Sud è lievemente diminuita; come pure è diminuito il contributo delle donne alla crescita occupazionale, che adesso è più basso della quota maschile. Risulta in calo anche il numero di donne che cercano lavoro: un dato che era già presente nel rapporto Istat del 2005, ma che quest'anno è salito a 40mila. In una situazione già di elevata disoccupazione e diffusa povertà familiare (il 39% dei nuclei familiari si colloca nelle fasce di reddito più basse contro il 12% al Nord), al Sud da tre-quattro anni si registra anche una evidente diminuzione della fecondità. Anche il lavoro part time è molto basso, perché questo si può attuare in genere nelle grandi imprese, che al Sud mancano, e nel terziario privato, che al Sud è meno presente.

Poco lavoro e pochi figli: cosa può fare la politica economica?
Negli ultimi anni le politiche familiari hanno di fatto perpetuato questa situazione: il “bonus bebé” di 1.000 euro del governo Berlusconi non aggiungeva che un introito complessivamente modesto al budget familiare e non cambiava la struttura sociale che disincentiva il lavoro femminile. Il contributo economico promesso da Prodi per ogni figlio fino al compimento de 18 anni, annunciato durante la campagna elettorale e nelle dichiarazioni programmatiche del Governo (ma non ancora attuato, né definito in concreto) sembra essere una scelta positiva, perché non è "una tantum" ed essendo continuativa permette alle famiglie di far affidamento. Ma perché una coppia decida di avere uno o più figli va accompagnata dal miglioramento dei servizi sociali. Sempre Prodi ha annunciato la volontà del nuovo Governo di centrosinistra di raddoppiare il numero degli asili nido e la disponibilità di asili nido - pubblici, ma anche privati - indirettamente incrementa anche l'occupazione femminile. Il fondo di garanzia per i mutui delle delle giovani famiglie, di cui anche si parla, andrebbe esteso - secondo me - anche alle famiglie di fatto e a quelle numerose, perché le famiglie con tre figli o più sono in numero maggiore fra chi vive in affitto rispetto a chi vive in casa di proprietà (19% contro 17 per cento).

Se guardiamo all'estero, visto che stiamo parlando da Trento da sempre città di frontiera fra l'Europa mediterranea e il Centro Europa, cosa succede al di là delle Alpi?
In Francia l' "Allocation parentale d’éducation" è stata creata già negli anni 80 dall'allora presidente della Repubblica François Mitterrand. Attualmente c'è un bonus di 500 euro mensili per ogni figlio che nasce. Il tasso di fertilità è aumentato, anche se a discapito della partecipazione femminile al lavoro: quindi il bonus francese ha avuto un doppio effetto, positivo per la famiglia, ma non per loccupazione. Interessante è invece la novità che arriva dalla Germania, il "congedo parentale" per i figli voluto dal cancelliere Angela Merkel, soprattutto perché la visione della famiglia tedesca è ancora tradizionale: la donna che rimane in casa, i figli che rientrano da scuola a mezzogiorno, ecc. La diminuzione del tasso di fertilità in Germania è stato visto come un fallimento di questo tipo di famiglia in cui le donne si erano sovraccaricate di tutte le incombenze domestiche. I "congedi parentali" adesso assicurano il 67% del salario (fino a un massimo di 1.800 euro) fino a 14 mesi (se almeno due di questi vengono coperti dal marito). Secondo la mia opinione questo schema potrebbe essere di insegnamento anche per l'Italia, dove c'è un'asimmetria dei ruoli familiari molto forte. Le italiane, infatti, fra le donne europee sono quelle che lavorano di più in casa (mediamente 4 ore al giorno, anche se hanno un lavoro fuori); gli uomini, invece, sono quelli che lavorano di meno: da 1 ora a 1 ora e mezza al giorno. Ma al di là di queste statistiche, che possono essere approssimaftive, il "congedo parentale"potrebbe anche incentivare gli uomini a prendersi qualche responsabilità nel lavoro domestico e nella cura dei figli.

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