Il nuovo appello di Ferruccio de Bortoli sulle Pmi contenuto nel fondo di domenica va seguito, per svariate ragioni.
1) Riguardo alla vitalitàdelle Pmi notiamo due cose, apparentemente contraddittorie: (a) ad inizio 2006 nessuno avrebbe scommesso che il Pil avrebbe avuto l'incremento poi registrato; ( b)De Rita ha recentemente sostenuto che starebbe venendo meno il "gusto di provarci". Mettendo insieme le due cose, ma condendo il tutto con l'esperienza quotidiana in contatto con tante Pmi che continuano ad avere successo, si può sostenere che stia prevalendo quella voglia di imprenditorialità che ha caratterizzato le aziende italiane negli ultimi cinquant'anni.
È infatti vero che per ragioni generazionali molte famiglie hanno deciso di ritirarsi, però è inconfutabile come una nuova classe di manager si stia trasformando in imprenditori, in alcuni casi in modo autonomo, in molti grazie alle risorse del private equity. Coloro che ritenevano impossibile far vivere delle imprese in un ambiente iperburocratizzato come il nostro devono ripensare le loro teorie.
2) Il gettito fiscale degli ultimi mesi dell'anno non era stato previsto;
la cosa importante è che non si deve sprecare un'occasione unica. Un governo coerente con quanto ha dichiarato prima e dopo le elezioni non può aspettare il 2008 per spendere tali sopravvenienze allegerendo il tax rate. Se si vuole dare una scossa positiva alle imprese si deve immediatamente cercare di declinare in tuttii modi possibilii concetti di sviluppo tanto proclamati. Sull'allocazione basterebbe avere maggiore coraggio — anche in sede Ue — in alcuni capitoli già inseriti in finanziaria.
3) La finanziaria 2007 ha infatti già dedicato alcuni capitoli alle modalità di accompagnare e facilitare lo sviluppo delle imprese. C'è il cuneo fiscale che è un aiuto,ma ci sono i crediti d'imposta sulle spese di ricerca e i vantaggi fiscali sulle fusioni. Sono cose qualitativamente importanti ma troppo timide in termini di importi,soglie ecc.per poter veramente incidere sulla dinamica delle imprese.I sostegni alla ricerca devono essere più corposi e i crediti d'imposta al 10% dei costi sostenuti non sono sufficienti. Anche gli incentivi per le fusioni sono stati limitati a 5 milioni di euro e non è sufficiente se si vuole provare a curare il nanismo delle imprese che Prodi lamenta da sempre. Se si vogliono recitare parti da leader a livello internazionale — e l'Italia continua a dimostrare che siamo in grado di dare vita a competitori globali — non si può porre dei limiti modesti.
4) Altro nanismo strutturale è quello del mercato azionario. Il 2006 ha visto oltre venti nuove quotazioni. Non è il record storico, ma è un fatto estremamente importante. La cosa più' rilevante è l'approccio con cui oggi si pensa alla Borsa: le nuove quotazioni arrivano da processi di dismissione dei private equity, da imprese interessate ad accelerare il proprio sviluppo, da famiglie che preferiscono associarsi con il mercato per affrontare il futuro. In questo la creazione del mercato Expandi è il segnale di una precisa volontà e di un vero trend di mediolungo termine. Su questo segmento sono state anche quotate società con poco più di 10 milioni di euro di fatturato. A questo punto il governo dovrebbe ripensare a forme di agevolazione fiscaledelle nuove quotazioni, o per le società neoquotate, o per i rispamiatori che investono in esse o, al limite minimo, per i loro dividendi. Per contro la finanziaria ha commesso un errore nel demonizzare le stock options, strumento riconosciuto da tutti per una intelligente redistribuzione dei redditi; forse in qualche caso in Italia si era ecceduto, ma un governo veramente liberal deve ridimensionarne lacci, lacciuoli e criteri di tassazione. Almeno per i primi anni dalla quotazione in borsa per incentivare nuovi imprenditori, vera ricchezza del Paese. Inoltre il governo deve continuare ad investire massicciamente nella Consob, che deve poter mantenere il massimo dell'efficienza, della competitività, della presenza in ogni angolo dei mercati.
5) Sul piano dei rapporti di forza tra imprese e sistemi la vera novità è l'annuncio di Chirac, potenzialmente deflagrante, di abbattere in modo drastico la tassazione degli utili aziendali; vorrebbero portare al 20% tale aliquota dall'attuale 33%, prevedendo ulteriori detassazioni in caso di azionistidipendenti. È evidente a chiunque che questo potrebbe essere il modo di limitare l'emorragiadi investimenti verso l'Asia e di fare un marketing territoriale aggressivo. Ed efficacissimo. Basti pensare a quanti stanno trasferendo in Svizzera i propri stati maggiori europei per avere imposte favorevoli. E durevoli. E qui da noi che si fa? Tra il 2007 e il 2014 a chi opera nel Mezzogiorno saranno — se la UE non si oppone — dati dei crediti di imposta se si investe in impianti o macchinari. Ma tutto il cuore produttivo del Paese — il triangolo Piemonte VenetoEmilia Romagna —è escluso.
È giusto? Con simili politiche si potrebbero attivare leve assai efficaci e la prima su cui agire —a parte le politiche di liberalizzazione e di sburocratizzazione — non può che essere quella del peso del fisco sulle imprese. Anche per cercare di disincentivare l'enorme sommerso che ancora prospera. Sono forsepezzidi utopia,ma sono "le cose"che gli imprenditori italiani dicono, sperano,auspicano.Tutti i giorni.
I fatti nuovi sono sotto gli occhi di tuttie per chi vuole durare un'intera legislatura con il sostegno degli strati produttivi del Paese potrebbe essere il caso di pensarci una volta in più,anche perché la storica angoscia del " fund raising"—questa volta— proprio non c'è.