Come da copione. L'abolizione dei costi di ricarica dei cellulari, stabilita dal decreto Bersani, sta producendo i suoi effetti "indesiderati". Sono arrivati i primi piccoli aumenti o balzelli alternativi con cui recuperare i mancati introiti. Anche se gli operatori, per la verità, si stanno muovendo in modo diverso. Le associazioni dei consumatori sono in allerta: «Vigileremo contro le decisioni che le compagnie prenderanno per scaricare i costi sui cittadini».
Ora è l'Autorità per le comunicazioni ad intervenire con un regolamento che, come prescritto dal decreto, dovrà garantire trasparenza: nessun trucco, ma costi reali e onnicomprensivi delle telefonate. In pratica, la fine di un autentico caos che per anni ha confuso i consumatori. I gestori mobili dovranno sempre specificare il costo complessivo delle chiamate, di durata di 1 e 2 minuti. Nel caso di tariffa a forfait, inoltre, dovranno chiarire che cosa esattamente viene incluso nel prezzo e a quanto corrisponde il canone pagato in termini di chiamate della durata di 2 minuti. Regole pressoché uguali vengono introdotte anche per la telefonia fissa. Le informazioni devono essere disponibili sui siti dei gestori, nei punti vendita e, in formato cartaceo o elettronico, al consumatore che lo richieda in qualsiasi momento.
Le nuove misure saranno in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Presumibilmente, quindi, dopo che i primi effetti del decreto Bersani si saranno già fatti sentire. Wind è al centro della bufera. La compagnia, sulla base di un parere fatto elaborare da uno studio legale, dal 4 marzo elimina i costi di ricarica solo per i nuovi clienti e, tra quelli vecchi, per chi passa (gratis) a uno dei tre piani della nuova offerta per le ricaricabili, in media meno convenienti. Per gli altri, quelli che già sono clienti ma non intendono cambiare piano tariffario, il decreto in pratica resterebbe lettera morta.
Vodafone, dal 4 marzo, riorganizza le offerte per le "ricaricabili" in 5 piani. In ognuno di questi elimina i costi fissi, ma in due applica uno scatto alla risposta di 19 centesimi, più alto di quello pagato dagli attuali clienti. Il decreto stabilisce anche che il credito delle sim card non dovrà avere più scadenza. Vodafone offre la possibilità di richiedere la restituzione del traffico residuo di una sim quando si recede dal contratto o si cambia gestore. M a, per quest'operazione, la società chiede di acquistare una carta servizi da 8 euro (a prescindere dal traffico residuo), cui vanno aggiunti i costi di una raccomandata con ricevuta di ritorno per la richiesta ufficiale.
Tim annuncia che si adeguerà al decreto dal 5 marzo, trasformando tutti i costi di ricarica «in traffico telefonico pienamente utilizzabile» e per ora non ha introdotto nuovi piani tariffari. La 3 anticipa i concorrenti ed elimina i costi fissi già da oggi. Meno netta la scelta sul recesso anticipato da parte dei clienti. Sempre il decreto Bersani, infatti, stabilisce che gli utenti devono essere liberi di recedere dal contratto senza vincoli temporali non giustificati. La 3 però ha deciso di non eliminare le penali che oggi il cliente paga in caso di recesso anticipato; cambia solo la definizione: «compensazione dei costi sostenuti».
Dal Governo arriva una sorta di via libera a manovre che, entro i confini del decreto, riequilibrino i mancati ricavi da ricariche. «Credo che le compagnie possano rinnovare le loro strategie rendendole più trasparenti senza rimetterci nulla nel medio periodo - dice il ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani -. Ci saranno tante strategie ma il consumatore comunque, non so di quanto, ci guadagnerà».
;void(0);){kind=link}