L'operazione di Pinault su Puma non può che essere considerata una gran bella notizia per gli operatori italiani dello sportsystem. Andrea Tomat, presidente di Lotto sport Italia, non ha dubbi in proposito. Dal Brasile, dove ha siglato ieri un accordo di licenza triennale con Filon che ha l'obiettivo di raggiungere vendite al dettaglio per una ventina di milioni, precisa che da un lato si amplia la visione di quello che fino a ieri poteva essere considerato l'ambito del lusso, dall'altro c'è una valorizzazione di Puma che indirettamente finisce per rivalutare l'intero settore, Lotto compresa, ovviamente. L'operazione si presenta interessante anche per gli effetti che avrà sul nostro Paese.
In Italia il mercato dell'abbigliamento sportivo vale complessivamente circa 4 miliardi di euro e vede tra i principali attori gruppi come Nike e Adidas. I due colossi restano leader anche nelle calzature sportive:un business che complessivamente in Italia vale 1,3 miliardi. Se si guarda invece al calcio la torta italiana si riduce a 140 milioni, con Adidas che la fa da padrone. Per Nike, che resta leader nell'abbigliamento e nelle calzature sportive, siamo il quinto mercato al mondo, il secondo in Europa (dove fattura 4,3 miliardi di dollari). Un mercato "laboratorio" proprio per le contaminazioni con la moda. Come confermano anche da Diadora che, con l'arrivo di Enrico Mambelli in qualità di a.d. un paio d'anni fa, aveva già accelerato sul fashion varando due nuove linee di prodotto sull'alto di gamma, la D.luxe e la Heritage.
Pure Lotto ha investito molto e sta ottenendo ottimi ritorni su una linea che recupera una grande tradizione come Lotto leggenda. Si può leggere iltutto come una inversione di tendenza ed una ricollocazione del ricco mercato dell'abbigliamento e della calzatura sportiva più vicina alla moda che alla tecnica? Tomat spiega che sicuramente si va in questa direzione ma chiarisce anche che i segmenti in realtà sono almeno tre, e tutti importanti. Il primo è legato direttamente alla prestazioni e quindi punta molto su tecnicae performances. Qui si collocano soprattutto la scarpa da calcio, l'abbigliamento tecnico e le scarpe speciali per ogni altro sport sia professionistico che amatoriale. Poi c'è il settore più ricco, quello della tendenza, dove lo sport si coniuga con la moda, lo stile con la praticità d'uso. Infine c'è la fetta di mercato collegata in maniera diretta con le sponsorizzazioni.
«Io credo confessa il presidente di Lotto che in realtà nel futuro sarà sempre meno interessante investire nelle sponsorizzazioni. Nonostante questo noi spendiamo ogni anno fra il 10 ed il 12% del nostro fatturato, quindi circa una trentina di milioni». Analoga la cifra che mette sul piatto Diadora.Entrambe le aziende vestono per intero squadre di calcio della massima divisione. Per Diadora, tra le altre, la Roma in Italia, l'Hannover in Germania e la nazionale scozzese. Per Lotto Fiorentina, Udinese, Chievo e Palermo, Mainz e Borussia in Germania, il Real Zaragoza in Spagna e la nazionale dell'Ucraina. Poi c'è la partita scarpe che si gioca sui singoli giocatori: Francesco Totti calza Diadora, Luca Toni calza Lotto.
Senza dimenticare i gruppi stranieri: in Italia la sponsorizzazione del Milan da parte di Adidas, con "testimonial" come Kaka, Nesta, Del Piero e Trezeguet. Nike invece è sponsor della Juve (circa 12 milioni di euro l'anno) e dell'Inter, con sponsorizzazioni individuali su campioni come Cannavaro, Pirlo, Gattuso, Maldini.
Con i grandi player internazionali «la vera sfida afferma Andrea Tomat è su una visione globale e sulla competizione internazionale. L'Italia è tranquillamente in grado di giocare alla pari, pur su dimensioni ovviamente diverse. Abbiamo perso una clamorosa occasione qualche anno fa quando avevamo tentato di acquisire Fila ed è andato disperso un importante patrimonio nazionale. Però abbiamo ancora competenze straordinarie ed un know how invidiabile. In questo campo conta probabilmente meno la manifattura italiana, ma il valore si costruisce sullo stile, sulla visione italiana del prodotto che va abbinata ad una cultura globalizzata».