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Eurogruppo: coordinamento economico alla prova

di Antonio Pollio Salimbeni

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1° giugno 2007


Il coordinamento economico nell'eurozona è alla prova del nove. I ministri delle finanze discuteranno lunedì a Lussemburgo le scelte di bilancio 2007-2008, cioè prima che
a livello nazionale siano avviate formalmente impostazione e discussione sulle leggi di bilancio. È un fatto inedito. L'Eurogruppo vuole definire un indirizzo generale perchè le leggi di bilancio nazionali siano coerenti con gli obiettivi dell'unione monetaria.
Finora i governi sono sempre stati gelosi della propria autonomia. Le leggi finanziarie, infatti, riflettono il compromesso sociale che lega i cittadini e questi allo stato e dunque restano indiscutibile prerogativa dei parlamenti non di Bruxelles.
Ma una unione monetaria non può permettersi politiche di bilancio e fiscali divergenti e non può limitarsi alle censure ex post, quando è ormai troppo tardi. Un mese e mezzo fa a Berlino è stato deciso che i bilanci dovranno essere in equilibrio entro il 2010 e che i benefici del ciclo economico (entrate non previste) devono servire per ridurre l'indebitamento.
Una scelta coraggiosa perchè è giunta mentre in diversi paesi (Germania, Francia e naturalmente Italia) è in corso il dibattito su quanto e come redistribuire ai cittadini il
dividendo della crescita, cioè le entrate fiscali inaspettate. E infatti sono cominciati i problemi, sono emerse subito le interpretazioni, le eccezioni. Il governo italiano ha sì confermato il rispetto della regola dello 0,5% (riduzione strutturale del deficit da
assicurare ogni anno fino al pareggio) per cui nel 2008 il disavanzo scenderà sotto il 2%, ma non seguirà l'invito a utilizzare «tutte» le maggiori entrate per accelerare la
riduzione del deficit. D'altra parte, nei documenti preparatori della riunione di Lussemburgo si riafferma solo il principio secondo cui le entrate extra devono servire per ridurre l'indebitamento, non che dovranno essere utilizzate «tutte» a tale scopo.
La Germania sulla carta non prevede addirittura alcun miglioramento nel deficit pubblico nel 2008. Confida nel fatto che Bruxelles possa scontare il taglio al deficit a
fronte della riforma fiscale che riduce dal 2008 le aliquote per le imprese (dal 39% al 30%). Solo che Bruxelles considera gli sconti solo in caso di misure che hanno
effetto sulla «sostenibilità a lungo termine dei conti pubblici» come pensioni e sanità. Il ministro delle finanze Peer Steinbrueck rileva che «la finestra di opportunità»
per sanare i bilanci resterà aperta da uno a tre anni. Come dire: bisogna agire, ma non siamo proprio con l'acqua alla gola.
Quanto alla Francia, appena insediatosi il nuovo Governo ha annunciato una pausa nel taglio del deficit per dare all'economia uno «choc fiscale». Ce n'è abbastanza per capire che la discussione non sarà semplice. E infatti lo spagnolo Joaquin Almunia, commissario agli affari economici europei, ogni tre giorni lancia ai governi lo stesso allarme: rischiate di dilapidare i benefici della ripresa.
(agenzia radiocor)

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