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Studi di settore, altolà del Fisco

di Marco Bellinazzo

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16 giugno 2007

Non c'è pace per gli studi di settore. La replica dell'agenzia delle Entrate all'iniziativa del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti — che ieri ha comprato spazi sui quotidiani per esortare i propri associati alla " disobbedienza"fiscale —non si è fatta attendere. «L'invito da parte del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti — si legge in un comunicato stampa diffuso nel pomeriggio — di non inviare nei termini il modello relativo ai dati sugli studi si configura come un invito alla violazione delle norme». E fin qui la risposta, un richiamo "piccato" ad attenersi alle regole tributarie, era obbligata. Ma l'Agenzia ha poi rincarato la dose, sottolineando come l'iniziativa dei dottori finisca «per danneggiare gli stessi contribuenti, in quanto la mancata comunicazione non consente di monitorare gli studi e di migliorarli progressivamente e finirà per esporli a una specifica attività di controllo».
Per i vertici dei dottori commercialisti resta ferma, però, la denuncia dell'irragionevolezza degli studi «che in molti casi generano imponibili che non rappresentano le varie realtà »e l'intenzione di «intraprendere tutte le azioni di civile protesta» contro le scelte del Governo. «Il nostro — ha spiegato Giorgio Sganga, tesoriere del Consiglio nazionale — è un grido d'allarme rivolto all'amministrazione finanziaria, con la quale ci piacerebbe collaborare per colpire davvero gli evasori. Purtroppo finora non siamo stati ascoltati. Non abbiamo violato le norme e se lo abbiamo fatto ce ne assumeremo le responsabilità».
Nella guerra sui rincari provocati dagli studi di settore, per il ministero dell'Economia si apre, dunque, un altro fronte, dopo quello delle organizzazioni imprenditoriali (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri). «La proposta delle aziende del Nordest al Governo é chiara —ha affermato ieri Giuseppe Morandini, vice presidente e presidente del Consiglio centrale Piccola industria di Confindustria — occorre tornare alla situazione del 1998».
Eppure, dopo le crescenti pro-teste, dal viceministro dell'Economia, Vincenzo Visco, e dalle Entrate sono arrivate rassicurazioni su un'applicazione " ponderata" degli strumenti di accertamento. Proprio ieri, ad esempio, ha trovato conferma la proroga di 20 giorni concessa ai contribuenti sottoposti agli studi per versare il saldo 2006 e il primo acconto 2007 (si veda l'articoloa fianco). Negli ambienti ministeriali serpeggia la preoccupazione che stia montando una campagna mediatica contro gli studi a svantaggio della lotta all'evasione. Preoccupazione sintetizzata dal ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero: «Di categorie produttive oltre ad artigiani e commercianti ce ne sono anche altre. Penso ai lavoratori dipendenti che pagano le tasse fino all'ultima lira. E quindi mi pare che ci sia un po'di malafede in questa rivolta fiscale».
Dal ministero non si nasconde che qualche "imperfezione" nelle nuove modalità di calcolo degli studi, e in particolare negli indicatori di normalità economica, ci sia. Ma c'è la disponibilitàa correggerle. E in ogni caso — ha ricordato l'Agenzia —lecircolari già emesse garantiscono «che si terrà conto puntualmente della realtà effettiva delle imprese in sede di contraddittorio».
Intanto, il Consiglio nazionale dei ragionieri, la prossima settimana, presenterà un dossier per denunciare la disordinata politica fiscale del Governo Prodi. «Quanto al capitolo studi di settore — ha osservato Paolo Moretti, consigliere con delega alla fiscalità — i ragionieri riconoscono l'inversione di tendenza maturata nell'Esecutivo in queste settimane, anche se occorrerebbe tramutare i buoni propositi in un provvedimento legislativo». Un decreto legge che recepisca comunicati stampa e circolari è quello che auspica anche il presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, Marina Calderone: «Che gli studi di settore stiano provocando grande disagio è inconfutabile. Le ammissioni di Visco sono apprezzabili, ma sarebbe necessario un provvedimento urgente che faccia chiarezza».

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