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Il mio atto d'accusa al sistema Coop, cifre alla mano

di Bernardo Caprotti *

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20 settembre 2007

Caro direttore,
lo confesso. Sono imbarazzato, anzi, intimidito. Non sono un uomo pubblico e non ricordo di aver mai scritto su un giornale. Però la gentilezza con la quale me lo si è richiesto, mi ha indotto a cimentarmi. Buona occasione – oltre che per ringraziare pubblicamente – per pubblicamente rispondere all'ultima insolenza del presidente di Ancc, Associazione nazionale cooperative consumatori, Aldo Soldi, che ha appena dichiarato a un giornale che la questione Esselunga appartiene al folklore. Come se noi di Esselunga ogni mattina ci alzassimo, per poi passare la giornata a ballare la tarantella, o ci unissimo alla sagra delle "colombe della pace", tema per tanti anni carissimo alle feste dell'Unità di tutta Italia. Vediamo allora, cifre alla mano, il nostro e l'altrui folklore del 2006. Osserviamo cioè i dati di bilancio delle cinque grandi cooperative (Unicoop Firenze, Coop Adriatica, Coop Estense, Unicoop Tirreno, Coop Liguria) di cui trattiamo nel volume «Falce e Carrello» che sarà presentato domani alla stampa.
I dati, aggregati, li raffrontiamo ai dati 2006 di Esselunga (si veda la tabella). È facile constatare che noi abbiamo prodotto, con 132 negozi e la metà degli addetti, un risultato del 47% superiore a quello della Coop (del 367% superiore se escludiamo il frutto finanziario dell'anomalo "prestito sociale") e abbiamo "contribuito" con le nostre imposte per più del doppio di tutti questi messi assieme.
Qualità, livello di servizio ed eleganza a parte – tutti fattori opinabili – a quale livello di prezzo si verifica quanto sopra? Di prezzo per il consumatore, voglio dire. È vero almeno che costoro sono dei benefattori?
Oltre a quanto già affermato lo scorso anno a mezzo stampa e in parte riportato nel volume cui ho accennato, presento qui due casi proprio recenti, attuali.
Nell'imminenza dell'evento, abbiamo verificato cosa fa Coop Estense, la cooperativa modenese presieduta da Mario Zucchelli, a Ferrara, splendida e ricca città ove questa Coop è dominante a tal punto da avervi escluso persino l'ipermercato della sorella Conad (Conad è anch'essa parte di Legacoop).
Abbiamo raffrontato Ipercoop di Ferrara con Ipercoop Grand'Emilia di Modena e poi con la piccola Esselunga di via Morane a Modena e con l'Esselunga di via Ripamonti a Milano. Lo abbiamo fatto attraverso una nota società specializzata in rilevamento prezzi su circa 3.100 prodotti uguali e quindi direttamente confrontabili.
Gli indici di prezzo risultanti mostrano Esselunga di Modena a 100, Esselunga di via Ripamonti a Milano a 101, Ipercoop di Modena a 102 e Ipercoop Ferrara a 110. Abbiamo poi fatto, noi, fisicamente 4 grosse spese di 150 articoli, acquistando gli stessi prodotti nei 4 punti vendita citati (si tratta degli articoli più comuni e centrali degli assortimenti, da Barilla a Nestlè, da Lavazza a Coca-Cola). Ne esce che soci e consumatori di Ferrara (da Ipercoop Il Castello di Ferrara, Coop Estense) pagano il 10% in più dei modenesi che fanno la spesa a Grand'Emilia di Modena, medesima cooperativa.
Vorrei permettermi di fare osservare a un lettore poco attento – certo una rarità per questo foglio – che il 10% su un fatturato come il nostro, 10.000 miliardi di vecchie lire, fa la bella differenza di 1.000 miliardi. Tutti i dati degli indici prezzo e delle nostre "spese" sono ovviamente a disposizione.
Ciò che ci ha indirizzato al secondo caso è il guaio che il mondo intero si trova ad affrontare: il raddoppio, in pochi mesi, del prezzo del latte e quello dei "grains", delle granaglie, che alla borsa di Chicago son più che raddoppiate dal gennaio scorso. Un guaio mondiale, devastante, che andrebbe onestamente illustrato al pubblico italiano, invece di fargli – per non dir di peggio – la solita iniezione di morfina. In questa circostanza, Coop annuncia il blocco dei prezzi dei suoi prodotti a marchio privato, sino al 31 dicembre.
"Da domani la Coop congela i prezzi" titola a piena pagina un grande quotidiano "sostenitore", dando così una notizia distorta. E creando un gran subbuglio nel mondo commerciale e della stampa, e allarme in molte teste, da Governatori di Regione all'ultimo cliente.
Il problema c'è, enorme. Ma Coop non può bloccare i prezzi, per la semplice ragione che è impossibile.
In realtà blocca, come sbandierato sul "Corriere della Sera" del 7 settembre 2007 dal suo altissimo esponente Vincenzo Tassinari, i suoi prodotti a marchio, una percentuale minoritaria del suo assortimento, e temporaneamente. Allora siamo andati a verificare pasta, farina, latte. Vi annoio con la pasta, articolo ora all'attenzione di tutti. Premetto che Esselunga vende da tempo la sua pasta a marchio a 39 centesimi (in Toscana a 38) per confezione da 500 grammi, e lì continua a stare nonostante i forti aumenti all'origine.
Qual è il prezzo della pasta Coop, col suo propagandato blocco? (si veda la tabella). Coop blocca? Forse dovrebbe scendere, o meglio essere scesa da quel dì. Come da tempo a Firenze e come in Liguria solo dopo la nostra apertura di La Spezia (2006). Al riguardo viene proprio ora diffusa dalla più autorevole associazione di consumatori del Paese la sua ricerca annuale che indica Esselunga come la catena più economica: indice dei prezzi uguale a 100. Ipercoop a 105 e supermercati Coop a 110.
Chiedo scusa, so che è noioso. Ma il nostro mestiere è ben diverso da quello del finanziere o del creatore di moda. È un mestiere fatto di queste noiosissime quisquilie, anzi, ben più piccole del prezzo di una pasta a marchio.
"Le détail est une question de détail", dicono i francesi, e la cura di tanti faticosi, piccoli dettagli fa la differenza: l'eccellenza o la panzana con la quale imbonire tanta brava gente. Con buona pace di tutti coloro che sentono il bisogno di schierarsi; perché di stare in mezzo, sulle proprie gambe e con la propria testa, non hanno la capacità.
Quanto ho qui cercato di esporre è un piccolo anticipo di ciò che racconta il volume che sarà presentato domani. Esso denuncia un modus operandi che, assieme al "modus propagandi", è, a mio modo di vedere, pericoloso. Disastroso per il mercato, è ovvio, ma pericoloso per il Paese. Per quanto riguarda il business, da anni, almeno quindici, osservo questo pachiderma e mi interrogo sul suo futuro. Si regge su impensabili protezioni, privilegi fiscali inauditi e sul polmone finanziario inesauribile del prestito sociale.
E se qualche puntello, con una vera liberalizzazione-normalizzazione dell'Italia, venisse meno? Chi si farebbe carico del pachiderma? Il contribuente, come da decenni accade per l'Alitalia? O se invece, nel solito salvataggio, cadesse nelle mani di un operatore veramente grande, agile, performante? Come faremmo noi di Esselunga a tener testa a una tale concorrenza?
Ecco che forse le ragioni di quanto faremo domani possono essere più chiare. Non è un attacco – come certamente sarà definito da costoro – assolutamente, è una legittima difesa. Da una situazione intollerabile, distorta, pericolosa.
Avremmo potuto tacere? Sopportare ancora? No. Perché è da cinquant'anni, da quando siamo nati, che subiamo, nel nostro operare quotidiano, prevaricazioni, prepotenze e ingiustizie (si veda in proposito il saggio di Emanuela Scarpellini «La spesa è uguale per tutti», edizioni Marsilio, 2007). Come se non bastasse, Soldi ci ha attaccato incessantemente, appena giunto al vertice di un sodalizio comunque prestigioso: Ancc. E non cessa di stupire che alla testa di un organismo presieduto un tempo da uomini del calibro di Ivano Barberini venga tollerato ancora questo signore, che usi di mondo non ha.
Spero di non aver troppo abusato della pazienza dei lettori e chiudo con un grande grazie a questo autorevole giornale per l'ospitalità che mi ha oggi offerto.

* Presidente di Esselunga

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