ILSOLE24ORE.COM > Notizie Economia e Lavoro ARCHIVIO

I conti magri di d'Azeglio e l'apriscatole di Veltroni

di Fabrizio Galimberti

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
Venerdí 12 Ottobre 2007

Ne "I miei ricordi" Massimo d'Azeglio racconta di quando, ventenne, arrivò a Roma per darsi alla pittura: «La prima cosa da sistemare era di non fare il passo più lungo della gamba. Il mio avere non arrivava a 25 scudi romani. Circa 15 se ne andavano per la dozzina, casa, tavola, bucato... La pigione di uno studio ne inghiottiva altri 6; ne rimanevano due o tre per colori, modelli, vestiario.... Penetrato dello stato reale delle mie finanze, feci quel che dovrebbe fare il ministro delle nostre, tagliai nel vivo. È vero che io non avevo, come lui, da fare conti con tanti che, fatta l'Italia, se la vorrebbero mangiare... Quindi... imparai a vivere con quel che avevo».
Quando Massimo d'Azeglio scrisse quei ricordi, aveva circa l'età di Tommaso Padoa-Schioppa.
E l'implicito invito al ministro «delle nostre finanze» - tagliare nel vivo - vale oggi come allora. Ma l'età conta e l'irruenza del d'Azeglio ventenne viene temperata quando, attempato ultrasessantenne, si rende conto che un ministro «ha da fare i conti con tanti...». Vincoli, questi, che, mentre sfuggono a quanti danno consigli da poltrone più comode, segnano scomodi confini fra il possibile, il desiderabile e il realizzabile. Come Padoa-Schioppa dichiarò qualche mese fa, non tener conto dei vincoli all'operare rappresenta una pecca etica prima ancora che intellettuale. Ma ciò non toglie che la spesa pubblica rappresenta ancora e sempre la frontiera avanzata del risanamento dei conti e dell'economia.
All'indomani di una Finanziaria meno sofferta di quella dell'anno scorso, e incassate le critiche "d'ufficio" europee e bankitaliane, come si prospetta il cammino dei conti pubblici nell'anno a venire? Come sempre, la variabile chiave non è al numeratore - il deficit - ma al denominatore - il Pil. Se la crescita riprende tutto è possibile, se non riprende tutto si complica. Ma cosa può fare il Governo per stimolare la crescita? Liberalizzazioni, certo, e, aggiunge Padoa-Schioppa, spesa pubblica. Spesa pubblica, a scanso di equivoci, intesa come riqualificazione e non certo come espansione. Archiviata la stagione del grande raccolto fiscale, archiviato il pedaggio di oboli di spesa per tenere assieme la coalizione, archiviato il miglioramento lento ma inesorabile dei conti (la riduzione del deficit strutturale nel 2006-2008 soddisfa le richieste della Commissione), la partita, per l'economia e per i conti, si gioca sulla grande sfida di una spesa pubblica che è oggi obiettivamente di intralcio all'economia, che è troppo alta dove potrebbe essere più bassa e troppo bassa dove dovrebbe essere più alta. Ma cambiare la spesa è un lavoro di squadra, che richiede tempi lunghi e orizzonti stabili. Saranno dati questi tempi e questi orizzonti? I Governi possono cadere per logoramenti interni o per urti esterni, ma le profezie dell'opposizione circa l'imminente caduta del Governo Prodi durano da tempo e rischiano ormai di suonare vuote. Ecco allora il pericolo che nel ring del confronto fra maggioranza e minoranza si passi da un fisiologico confronto ai colpi sotto la cintura. I tempi della politica sono incerti, ma almeno quelli del risanamento dei conti scandiscono risultati positivi e tracciano una via - la riqualificazione della spesa - che dovrà informare l'azione di ogni Governo.
E le manovre straordinarie auspicate da Walter Veltroni circa l'abbattimento del debito? «Supponiamo di avere un apriscatole...», sospira Padoa-Schioppa (il riferimento, un po' criptico per i non addetti ai lavori, è a una famosa storiella che descrive la discrasia fra desideri e realtà: un fisico, un chimico e un economista sono naufragati su un'isola, e non hanno da mangiare. Le onde portano sulla riva della carne in scatola. Come aprirla? Usiamo un sasso, dice il fisico; prima facciamo un fuoco e scaldiamo la scatoletta, dice il chimico; «Supponiamo di avere un apriscatole...», dice l'economista). Insomma, i modi di abbattere il debito sono tanti, e ogni azione dal lato dell'attivo è benvenuta. Ma la via maestra per abbattere il debito sta in un'ordinaria amministrazione, paziente e sapiente, usando fino in fondo gli strumenti che già ci sono. Un banco di prova c'è già: la ristrutturazione del ministero dell'Economia, al centro e in periferia, è una grossa sfida, che mette alla prova la capacità della pubblica amministrazione di riorganizzarsi, di mettere in opera le procedure di mobilità, di spostare competenze e carichi di lavoro, di chiudere sedi e redistribuire dipendenti in altre amministrazioni o al limite in altri livelli di governo. Un lavoro oscuro e ingrato, poco popolare in un Paese dove il Dna nazionale preferisce diatribe ideologiche e discussioni sui massimi sistemi all'umile ricerca di efficienza nei minimi sistemi del quotidiano. Secondo l'immagine di Keynes, gli economisti più che direttori d'orchestra, dovrebbero essere degli idraulici, tenere sgombre le tubature lontano dalle luci della ribalta. E il cielo sa se in Italia ci sono molte tubature bloccate o ingorgate...

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER   
Effettua il login o avvia la registrazione.


 
   
 
 
 

-UltimiSezione-

-
-
6 maggio 2010
6 maggio 2010
6 maggio 2010
6 aprile 2010
6 maggio 2010
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-