ILSOLE24ORE.COM > Notizie Economia e Lavoro ARCHIVIO

Troppe lauree squalificano la formazione

di Alessandro Schiesaro

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

Nelle ormai annose polemiche che accompagnano la riforma dei corsi universitari introdotta nel 2001 non si distingue quasi mai tra i difetti intrinseci alla riforma stessa e quelli procurati dalla sua maldestra applicazione.
La comoda ma fuorviante sigla "3+2", per esempio, lascia presumere che il processo formativo debba di norma prevedere sia la laurea (triennale) che la laurea magistrale; e l'aver consentito a giurisprudenza di mantenere intatto il ciclo unico quinquennale non ha fatto che consolidare in studenti e famiglie l'idea che il "3", da solo, equivalga a una laurea dimidiata e insufficiente. Ben diverso era l'obiettivo: creare un percorso di laurea più agile ma non per questo meno serio, consentire un'immissione nel mondo del lavoro a un'età comparabile con quanto avviene in Paesi europei, e al contempo lasciare aperta la possibilità di ulteriori specializzazioni.
Ma il difetto più vistoso di applicazione della riforma è stato certamente quello di far proliferare i corsi di laurea. Le spinte in questa direzione sono state molteplici, e inarrestabili. Alcune forse dettate da buone intenzioni, come quella di arricchire un'offerta formativa un po' rigida; altre, le più forti, ispirate soprattutto alle esigenze e i desideri interni all'accademia.
Moltiplicare i corsi di laurea e gli insegnamenti crea la necessità almeno teorica di aumentare l'organico o, quantomeno, produce nuovi insegnamenti da assegnare alle migliaia di docenti promossi con il sistema delle idoneità multiple, mentre nulla si è fatto per eliminare l'assurdità che nega a un terzo del corpo accademico, i ricercatori, la funzione docente. Sullo sfondo, un modello di finanziamento ancora largamente ancorato alla quantità rende fortissimo l'incentivo ad attrarre studenti proponendo corsi di laurea ammiccanti, non importa quanto sorretti da effettive competenze interne, o pronti a promettere rosee prospettive occupazionali. Ne risulta una selva di corsi dai titoli talora impensabili, sui quali si è esercitata ormai una vasta letteratura polemica.
Superata la tentazione di rimediare a questi problemi semplicemente azzerando la riforma, sono stati messi in campo strumenti correttivi mirati. La revisione delle classi di laurea e delle modalità di organizzazione del curriculum varate in estate vanno nella direzione di semplificare la materia, lasciando al contempo maggiore spazio alla decisione dei singoli corsi di laurea. Il decreto firmato venerdì scorso interviene invece sui requisiti necessari per attivare o continuare i corsi stessi, modificando e irrobustendo la normative sui "requisiti minimi" già in vigore.
Alcune delle nuove norme appaiono utili, se non altro per rendere più omogenea e certa di quanto non avvenisse finora l'applicazione dei requisiti stessi. L'impostazione che le sottende, però, continua a scontare un'ambiguità di fondo, anzi due.
Da un lato si impone al sistema universitario, ormai stressato da quasi sette anni di riforme, rettifiche, riforme delle riforme pressoché ininterrotte, un nuovo, massiccio sforzo di adeguamento normativo. Saranno ancora una volta decine di migliaia le ore-uomo necessarie per comprendere e mettere in pratica le nuove tabelle, e centinaia di migliaia le richieste da parte degli studenti già in corso di adeguare i piani di studio.
Dall'altro si persiste nel convincimento, evidentemente incrollabile, che minuziose regole ex ante garantiscano un innalzamento della qualità meglio di quanto non possa fare una seria valutazione dei risultati. Prima o poi entrerà in funzione, si presume, l'Agenzia per la valutazione, ma ci vorrà molto più tempo per incoraggiare un cambio di mentalità. Nel frattempo, ribattezzare "necessari" i requisiti finora chiamati "minimi" rischia di far fare un passo indietro, perché si accosta pericolosamente all'idea che questi siano in realtà "sufficienti", e, in un sistema incentrato sul valore legale del titolo di studio, il rispettarli garantisca la qualità anche dal punto di vista dei contenuti: un'illusione dannosa, anzi fatale, che ci allontana dall'obiettivo di un'università autonoma ma pienamente responsabile.

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER   
Effettua il login o avvia la registrazione.


 
   
 
 
 

-UltimiSezione-

-
-
6 maggio 2010
6 maggio 2010
6 maggio 2010
6 aprile 2010
6 maggio 2010
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-