Sul Domenicale del 28/10/2007 (rubrica "Scienza e Filosofia") hanno trovato spazio risolute critiche innescate dall'iniziativa della Coalizione Italia/Europa Liberi da OGM. Rispetto alle quali sono opportune alcune precisazioni.

In quelle pagine si annunciano disastri economici per l'agricoltura del nostro Paese, a causa della mancata coltivazione di piante transgeniche. In realtà, i calcoli sulle presunte perdite economiche riportati non tengono conto: a) della quota (il 20% minimo) di terreno da dedicare alle zone rifugio, obbligatorie persino negli USA dove raggiungono anche il 50%; b) delle distanze di sicurezza, in Italia ancora da stabilire, indispensabili per la coesistenza tra i diversi tipi di agricoltura, come previsto dalla normativa europea.. Del resto, accanto al propugnato diritto di coltivare piante biotech si deve garantire il legittimo diritto di continuare a non coltivarle.

Si è parlato, inoltre, di una contrazione dei costi delle colture biotech per il non uso dei pesticidi e delle macchine per distribuirli. Ancora una volta le cose non stanno proprio così: tutti i mais autorizzati per la commercializzazione in Europa, e di cui si vorrebbe la coltivazione, sono transgenici non solo per la resistenza agli insetti ma anche per la tolleranza agli erbicidi. Con il risultato, documentato da dati del periodo 1996-2003, di un aumento dell'11,5% nell'impiego di erbicidi per le colture transgeniche di mais, soia e cotone. L'agricoltura industriale deve quindi rifare i conti, togliendo dai lauti guadagni presunti i costi delle zone rifugio, delle zone di rispetto, degli erbicidi e delle macchine per la loro distribuzione. E non sarebbe male se finalmente includesse anche i costi sociali per i danni ambientali causati dalla contaminazione da biocidi.

Si è sostenuto che con la transgenesi si salva il pomodoro San Marzano (il riso Carnaroli, ecc), offrendo così risposte semplicistiche a problemi complessi come la conservazione delle risorse biologiche (agricole e non). Il San Marzano non arriva più sulle nostre tavole perché pratiche sbagliate l'hanno reso vulnerabile agli agenti patogeni. Occorre dunque usare i principi e i metodi innovativi della conservazione e del miglioramento genetico, escludendo interventi di transgenesi per evitare che un problema messo alla porta oggi rientri dalla finestra domani.

Quanto alle "paure infondate, diffuse ad arte da attivisti verdi con la complicità di qualche sparuto scienziato", allora dovremmo parlare anche – parafrasando – delle "certezze infondate, diffuse ad arte con la complicità di altri scienziati". Molti proclami che con sicumera affermano l'assoluta innocuità delle piante transgeniche, evitano accuratamente di entrare nel merito delle prove scientifiche. Autorevoli riviste internazionali, a partire da Nature e Science, hanno reso disponibili moltissimi dati scientifici sugli impatti e sui possibili rischi generati dalle piante transgeniche; ed è di questi giorni la notizia pubblicata dall'americana PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) che il mais Bt – pianta ingegnerizzata per la sintesi di una tossina insetticida – minaccia la piccola fauna dei sistemi acquatici del Midwest (USA).

Ammesso che ce ne fosse bisogno, il dato non fa altro che confermare che nei sistemi biologici, compresi quelli ecologici, le dinamiche sono non lineari, imprevedibili e ben lungi dall'essere sotto il nostro controllo. A meno di non ritenere che anche Nature, Science e PNAS diffondano paure infondate, come un qualsiasi attivista verde o qualche sparuto scienziato.

La valorizzazione della genuinità e della tipicità dei prodotti agricoli, auspicata dalla Coalizione Italia/Europa Liberi da OGM, darebbe un po' di respiro ai piccoli agricoltori (la grande maggioranza del Paese), mentre gli altri vantaggi seguirebbero a ruota a beneficio di tutti. Chi oggi fa pressione per l'ingresso incondizionato degli OGM nel nostro territorio e in tutte le filiere alimentari, difende il primato di un'agricoltura che ha costi economici, sociali e ambientali troppo alti.

Manuela Giovannetti
Unviersità degli Studi di Pisa
Carlo Modonesi
Fondazione Diritti Genetici
Gianni Tamino
Università degli Studi di Padova