Tre riscritture per lo stesso accordo sono un record. Soprattutto se si tratta di un'intesa via via avallata dai firmatari, dalle loro organizzazioni confederali, dal referendum tra lavoratori e pensionati. In un crescendo che ha visto una trentina di sigle firmare, mezzo Governo sottoscrivere, cinque milioni di persone accettare con il sì sulla scheda. Doveva avere la forza di un patto per il Paese, ha rischiato di avere la debolezza di un'intesa modellata solo su alcuni italiani.
Sono almeno due i problemi sollevati dalla anomala dialettica tra politica e parti sociali di questi giorni: il rapporto tra i protocolli della concertazione e l'attività parlamentare; la sovrapposizione, sulla stessa area di rappresentanza, del sindacato e dell'ala sinistra della maggioranza.
Quanto al merito, è stato reintrodotto – dopo una laboriosa mediazione condotta a Palazzo Chigi dal premier Romano Prodi e dal sottosegretario Enrico Letta –il limite al numero dei lavoratori notturni da considerare come usurati: è un freno a una spesa altrimenti incontrollabile, come hanno sottolineato ieri gli stessi tecnici della Camera. Per i contratti a termine è saltato il limite per l'ultimo rinnovo: quanto potrà durare lo decideranno insieme imprese e sindacati. Una norma di buon senso. Resta abolito lo staff leasing: un obiettivo storico di Rifondazione che però, secondo i sindacati, penalizza più i lavoratori che i datori di lavoro. A ognuno la sua bandiera.
Se la concertazione è forte, non può non risultare come un esercizio di sussidiarietà rispetto al potere delle Camere: è evidente che deve essere il Governo a farsi garante della compatibilità con l'azione della sua maggioranza in Parlamento. Ebbe il suo punto di massima forza quando le parti sociali – Governo Ciampi – esercitarono una robusta supplenza rispetto a un Parlamento falcidiato da Tangentopoli e, di fatto, esautorato. Fu poi il Patto di Natale del Governo D'Alema ad avere il suggello di forza di legge con il varo alle Camere: ma allora non ci furono problemi.
Oggi i problemi ci sono perché la maggioranza è debole e gli impegni che prende l'Esecutivo sono sottoposti al rischio del ricatto delle forze al bordo della coalizione.
Una delle soluzioni prospettate (si veda l'intervista al capogruppo Pd alla Camera, Antonello Soro, sul Sole 24 Ore di domenica) è quella di consentire al Parlamento di fissare la cornice generale da realizzare, per delega, con la concertazione. Non sarebbe del tutto evitato il rischio di nuove fughe in avanti (quelle che oggi, ad esempio, Paolo Ferrero chiama «miglioramenti rispetto al testo concordato che nemmeno chi ha votato sì al referendum potrebbe rifiutare») se rimanesse necessario trasporre le misure degli accordi in vere e proprie norme di legge.
In realtà, il principale problema resta il fatto che il Prc è sempre più un partito-sindacato: e con il Pdci – che conta, però,meno dirigenti di provenienza sindacale –difende limitati interessi di alcune precise tipologie di lavoratori. Insomma, la conservazione dell'archetipo dell'occupato taylorista industriale, a tempo indeterminato e sottoposto a regimi crescenti di lavoro ripetitivo. Ma anche il superamento del cosiddetto precariato, che oggi interessa i lavoratori in fase di ingresso nel mercato e ancora privi di contratto full time.
Con questi costanti riferimenti, i partiti dell'ala sinistra della maggioranza finiscono per difendere solo interessi parziali. Una posizione che, per pura simmetria politica, induce comportamenti analoghi in chi ritenga di difendere altri blocchi sociali e altri interessi, in un continuo gioco di spinte e controspinte. Tra l'altro, i "partiti d'interesse" non hanno quella confederalità che, invece, anima Cgil, Cisl e Uil, spesso impegnate a contemperare istanze di categorie diverse e, non di rado, contrapposte. Per questo la concertazione rischia di smarrire lo spirito dell'interesse generale. Finora la forza degli accordi triangolari era stata proprio questa: diventare pietre angolari di politiche pubbliche rivolte al risanamento e al bene comune. Ora, più spesso, c'è una specie di ghiaia, scivolosae inaffidabile, dove ognuno corre per sè.