Una notizia cattiva e tre o quattro buone per l'economia russa, secondo gli ultimi dati di alcuni ministeri e della Banca di Russia.
Sale l'inflazione
Quella cattiva riguarda l'aumento dei prezzi e il tasso di inflazione. Quest'ultimo dal 9% del 2006 è salito a tutto il 2007 all'11,9% (era il livello del 2004), contro l'8% su cui si erano impegnati ad inizio dell'anno passato a fissarlo il presidente Putin e il governo.
Nella seconda metà del 2007 l'indice era salito fino al 9-10%, obbligando lo scorso autunno il Ministero dell'economia e del commercio estero (MERT) a portare la previsione annuale al 10-11% e il primo ministro Zubkov a cercare di arginare la crescita dei prezzi al dettaglio (1,2% in novembre e 1,1% a dicembre), stringendo accordi con le principali società del settore agro alimentare e distributivo (come Wimm-Bill-Dann e X5 retail Group) e congelando fino al prossimo febbraio i prezzi dei beni di consumo di prima necessità come pane, latte, burro. Erano state decise anche misure sull'export del grano (per il quale si annuncia nel 2008 un sensibile incremento della produzione), riducendone le quote e imponendo un'accisa sull'esportazione.
Aumentata l'estrazione del petrolio
L'aumento dei prezzi, se da una parte è legato a fattori globali (per esempio: l'aumento mondiale della domanda dei cereali), dall'altra è frutto di tendenze positive, come l'incremento dei consumi derivato dalla crescita delle capacità di spesa seguite a loro volta a un sensibile incremento dei redditi. Inoltre, sono cresciuti gli investimenti e le entrate da petrolio.
La produzione di greggio nel 2007 è aumentata del 2,4% rispetto al 2006, anno in cui se ne era registrato il maggior rallentamento rispetto del periodo di ininterrotta ripresa iniziato nel 1999-2000.
Infatti, dai 480 milioni di tonnellate del 2006, si è passati nel 2007 a 491,5 in un quadro di prezzi internazionali straordinariamente cresciuto.
Nuovo salto delle riserve valutarie
Altra notizia positiva è quella comunicata oggi dal dipartimento dei rapporti esteri della Banca di Russia: il volume delle riserve valutarie della Federazione Russa ha avuto un incremento di 7,8 miliardi di dollari tra il 21 e il 28 dicembre 2007, raggiungendo complessivamente i 470 miliardi di dollari. Effetto petrolio, evidentemente.
Il "tesoretto" di Putin (e di Medvedev)
All'effetto petrolio va fatto risalire un altro incremento: quello del "tesoretto" russo costituito dallo Stabfond ovvero il Fondo di stabilizzazione creato nel 2004 per volontà di Putin al fine di preservare il bilancio nel caso in cui il prezzo del greggio scenda sotto i 27 dollari al barile. Al Fondo vengono assegnate le eccedenze delle entrate da petrolio rispetto a quella cifra, che pare ora distante anni luce.
Ebbene, stando a quanto comunica l'ufficio stampa del Ministero delle finanze (Minfin), il Fondo di stabilizzazione ha avuto un incremento di 1,5 trilioni di rubli (1 dollaro è pari a 24,5 rubli) rispetto al 1 gennaio 2007, raggiungendo la ragguardevole somma di 3849 miliardi di rubli (attorno a 156-157 miliardi di dollari ovvero circa 107 miliardi di euro). Un anno fa lo Stabfond ammontava a 2346 miliardi di rubli, ovvero a 89-90 miliardi di dollari (Rian.ru, Vzglyad).
Ancora aperta la discussione (o lo scontro) sul suo impiego. Tra l'altro, l'alto funzionario del ministero delle finanze che lo gestiva, Sergej Storchak, è finito lo scorso novembre alle Butyrki con accuse di corruzione. Nonostante si proclami innocente e abbia il sostegno del ministro delle finanze Kydrin vi è ancora recluso.
Una parte dello Stabfond andrà ad alimentare il fondo pensioni e a sostenere i "quattro progetti nazionali prioritari" in campo sociale, per il risanamento e l'ammodernamento dei settori di sanità, istruzione e scienza, campagne, alloggi.
Questa è la volontà di Putin e del suo delfino Medvedev.