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Supervisione cross-border sulle banche con un'arma spuntata

di Antonio Pollio Salimbeni *

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11 GENNAIO 2008

Per quanto si faccia un gran parlare di miglioramento della vigilanza bancaria in Europa non è alle viste una rivoluzione che superi radicalmente la frammentazione del sistema di supervisione. La strategia dei piccoli passi viene ancora una volta confermata nonostante due controindicazioni: la crisi subprime, ben lontana dall'essersi conclusa, ha pienamente confermato i rischi dell'assenza della funzione di vigilanza a livello europeo; la stessa nozione di ‘responsabilità nazionale' della supervisione è da tempo messa in dubbio dall'evoluzione della struttura bancaria (nei 33 grandi gruppi, di cui 16 attivi almeno nella metà dei paesi eurozona, le società controllate non operano più come unità separate).
I supervisori bancari europei hanno appena pubblicato due interessanti documenti sulla cooperazione multilaterale per la vigilanza dei gruppi transfrontalieri (crossborder) in cui vengono fissati principi e pratiche per facilitare lo scambio di informazioni, definire valutazioni comuni sui profili di rischio, condurre ispezioni, coordinare le decisioni in caso di crisi. Si tratta di una supervisione condotta da ‘collegi' permanenti di cui fanno parte l'autorità competente del paese di origine per la vigilanza consolidata sull'attività globale del gruppo bancario in questione (che avrà un po' la funzione di ‘hub' nello smistamento delle informazioni proprio come accade per gli aeroporti-snodo), l'autorità dei paesi in cui si trovano le controllate e quella che vigila sulle "branche rilevanti".
Il ‘collegio' di supervisione rifletterà la geografia degli interessi del gruppo e sarà organizzato a due livelli: il ‘multilaterale generale', che affronterà annualmente le questioni complessive della supervisione, e il "multilaterale ristretto", che coinvolgerà un numero limitato di autorità con riferimento alle principali attività del gruppo bancario.
Parallelamente ai cambiamenti delle norme sulla vigilanza nazionale che vincoleranno le decisioni al perseguimento dell'obiettivo della stabilità del sistema a livello europeo, si tratta di un indubbio passo avanti: viene precisata la responsabilità dell'autorità del paese di origine nel coordinamento delle attività per la convalida dei modelli interni per i rischi di credito, mercato e operativo e così per la gestione di una crisi in relazione alle informazioni sensibili; viene riconosciuto il dovere per ogni autorità di allertare le altre in caso di emergenza in una controllata.
Sarebbe più onesto, però, parlare di mezzo passo avanti. Il Committee of European Banking Supervisors (Cebs), infatti, ribadisce che il ‘collegio' di supervisione "non avrà poteri di decisione" limitandosi a "svolgere un ruolo di coordinamento che non pregiudica le responsabilità delle autorità coinvolte". Ciò significa che potrà esserci sempre un ostacolo a una decisione in una crisi nell'interesse più vasto della dimensione nazionale, tema particolarmente importante quando si tratta di sostenerne i costi finanziari e sociali.
Il Cebs si muove peraltro lungo le linee tracciate dall'Ecofin che, per opposizione di Londra e Berlino, non ha accettato l'idea lanciata da Tommaso Padoa-Schioppa di trasformare i comitati di cui fanno parte supervisori bancari, di assicurazioni e fondi pensione e delle Borse (cosiddetti di ‘terzo livello') in organismi che assumono decisioni vincolanti a maggioranza. Eurofi, think tank di banche europee, aveva proposto addirittura di pesare il voto di ogni supervisore in proporzione ai rischi contabilizzati nel paese di riferimento e al volume dei depositi.
Anche questa un'idea mai raccolta. Per l'Ecofin gli accordi di cooperazione cross-border tra autorità restano del tutto "volontari".
Il doppio vertice dei quattro grandi paesi europei che fanno parte del G7 (Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia), il primo dei ministri finanziari dovrebbe svolgersi a Parigi tra una settimana e il secondo dei quattro capi di stato e di governo dovrebbe svolgersi a fine mese a Londra, confermerà l'attuale quadro europeo. Le novità, piuttosto, riguarderanno la dimensione globale delle crisi: l'idea di un sistema di "allarme avanzato" (early warning) allo scopo di evitare l'ennesima crisi finanziaria con effetti semiglobali o globali, il ruolo delle agenzie di rating, le procedure per permettere ai supervisori di ogni continente di condividere meglio le informazioni e di darsi reciprocamente consigli. Anche a questo livello la prudenza è massima.

* Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori 1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, Bruno Mondadori 2003).

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