Mille euro per sei mesi di telefonate, 600 euro per tre mesi: ma di telefonate degli altri. Sono queste, infatti, le tariffe del commercio illegale di dati tra dipendenti (infedeli) dei gestori di tlc e acquirenti di ogni genere, investigatori privati in primis.
Un commercio che aveva registrato una stasi con i primi arresti nelle file della Security Telecom e dei loro fornitori (settembre 2006), ma che poi è ripreso normalmente, anche se a prezzi più alti. «Tra le offerte – spiega senza imbarazzi l'esponente di un'agenzia di investigazione romana – ci sono anche i 100 euro per conoscere l'intestatario di un certo numero e i 200 per sapere se a un utente corrispondono altre schede Gsm». Comunque, tengono a precisare i nostri Nero Wolf, «sono i dipendenti dei gestori che ci chiamano per offrirci pacchetti di dati a prezzi prefissati, prendere o lasciare».
L'altra faccia del mercimonio è, naturalmente, la ricerca delle società di nuove e più stringenti misure per difendere i dati degli utenti o, quanto meno, per identificare più agevolmente i responsabili delle fughe di tabulati.
Nell'ultimo anno, secondo i compratori, risulterebbe particolarmente difficile ottenere dati Telecom e Vodafone, mentre sarebbero tornati più o meno normali i contatti con dipendenti di altri gestori, anche se «ultimamente dentro Wind tutto tace».
In effetti, risulta che Wind stia procedendo a verifiche a tappeto proprio in queste ore, dopo aver accertato alcune falle in diversi call center (ormai esternalizzati per il 60%). Lo scorso novembre, a seguito di controlli antifrode di routine, era infatti emerso che nel call center di Pozzuoli (Na), 19 dei circa 300 dipendenti avessero trovato il sistema per «grattare» qualche euro alla società attraverso finte ricariche che finivano in realtà nelle loro tasche.
Gli addetti approfittavano di un disallineamento tra settori aziendali (Risorse umane e Information technology), per cui le password di alcuni ex dipendenti erano rimaste in circolazione e venivano usate per entrare in determinate applicazioni.
A partire da quei 19 casi, nuovi controlli hanno portano a identificare altri "furbetti" in diversi call center, che – sempre col sistema delle password non cancellate – potevano estrarre dati di traffico degli ultimi sei mesi. Magari per regalarli a un amico, magari per vendere le stampate a qualche investigatore privato. L'azienda starebbe ora attendendo le valutazioni di alcuni consulenti legali per decidere come procedere nei confronti dei dipendenti, tutti individuati.
Da Wind nessun commento ufficiale, solo poche osservazioni ufficiose: «Il nostro sistema di controlli funziona, lo dimostra la rapidità con cui abbiamo individuato le postazioni utilizzate. Inoltre, non si parla di tabulati, che restano irraggiungibili, ma semmai di dati di traffico semestrali, quelli che per legge devono restare a disposizione per fatturazioni e compensazioni. Ma questi stessi dati non sono esportabili, se non salvandoli e stampandoli. E di tutto resta ovviamente traccia». Da maggio, assicurano inoltre a Parco dei Medici, «con mesi di anticipo sulle disposizioni della Privacy», sarà obbligatorio per tutte le postazioni l'identificazione con dati biometrici, ovvero attraverso le impronte digitali.