Vodafone lavora a una rete a banda larga alternativa a quella di Telecom Italia. In cantiere non ci sarebbe solo il potenziamento di quanto ereditato dopo aver rilevato l'operatore di rete fissa Tele2, ma un network nei punti più strategici del territorio. Entro l'estate saranno pronti mille siti di centrale per l'accesso diretto ai clienti, pari a più del 40% della popolazione italiana. L'idea è coprire le zone considerate più redditizie a partire dalle città di grandi e medie dimensioni, ricorrendo alle modalità tradizionali (unbundling, bitstream) ma anche utilizzando per i tratti intermedi l'infrastruttura in fibra che sarà messa a disposizione da Infratel, società controllata dall'ex Sviluppo Italia. A quanto risulta infatti, Vodafone è pronta a firmare un accordo con il ministero delle Comunicazioni e con Infratel analogo a quelli già siglati da Telecom Italia e Fastweb per l'abbattimento del "digital divide" (si veda l'articolo accanto).
Il gruppo inglese punta a catturare anche la fascia più alta della clientela, quella che non si accontenta dell'Adsl da "entry level" o delle soluzioni già disponibili con il cellulare e chiede connessioni sempre più potenti: fino a 20 megabit al secondo per le famiglie, ben oltre per le aziende e i professionisti. A progetto ultimato, si tratterà comunque di una rete a banda larga di "prima generazione", che per il collegamento finale dalle centrali agli utenti non utilizza la fibra ottica ma ancora il rame. Resta poi da vedere se il gruppo inglese riuscirà a portare a termine anche l'acquisizione di Tiscali, per la quale viene accreditato come uno dei candidati più autorevoli: in quel caso scatterebbe anche l'integrazione dei siti della società fondata da Renato Soru.
Sono in particolar modo i fornitori di apparati e tecnologia ad attendere con ansia un'evoluzione nel mercato della telefonia fissa. Sugli investimenti, negli ultimi anni, hanno tirato il freno i gestori alternativi ma soprattutto l'ex monopolista, scivolato in una lunga impasse prima per il passaggio di proprietà poi per la parentesi che ha preceduto l'insediamento del management.
Telecom, in particolare, sembra aver accantonato l'ambizione di realizzare una rete ultrabroadband di seconda generazione, per la quale durante la gestione Pirelli si era parlato di investimenti fino a 6,5 miliardi entro il 2016. Nella seconda parte di quest'anno l'a.d. Franco Bernabè dovrebbe annunciare un vero e proprio piano industriale, ma per ora le slide presentate alla comunità finanziaria parlano di 810 milioni fino al 2010, quando solo il 10% degli accessi a banda larga sarà supportato dalla fibra e sarà quindi di nuova generazione (fino a 100 megabit al secondo). Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Stati Uniti ma anche Dt in Germania, Kpn in Olanda hanno avviato piani più ambiziosi sul next generation network per alimentare servizi innovativi, dalla telemedicina, alla telesorveglianza, all'e-learning e l'infomobilità. In Italia invece Telecom per ora ha fatto un passo indietro, Vodafone non pensa di avventurarsi direttamente in una rete in fibra e anche le iniziative alimentate dai fondi pubblici, come quella di Infratel, difficilmente porteranno a connessioni superiori ai 20 megabit al secondo.