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«Sfavorito l'impiego femminile»: intervista a Pietro Ichino (Pd)

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18 aprile 2008

Professor Pietro Ichino, come giudica la detassazione degli straordinari annunciata dal Governo Berlusconi?
La riduzione dell'Irpef, cominciando dai redditi di lavoro, è una scelta molto opportuna. Ma, fatta in questo modo, mi sembra che abbia un difetto strutturale e un inconveniente. Il lavoro straordinario lo fanno in netta prevalenza gli uomini; quindi la detassazione degli straordinari favorisce di fatto il lavoro maschile. Per questo aspetto potrebbe addirittura configurarsi una discriminazione indiretta, vietata dal diritto comunitario. Ma soprattutto l'incentivo va nella direzione sbagliata sul piano macro-economico.

In alternativa lei ha proposto incentivi al lavoro femminile.
Sì, perché il suo tasso è gravemente al di sotto dello standard europeo. La detassazione selettiva a favore delle donne avrebbe un impatto maggiore sulla crescita dell'economia nazionale.

E l'altro inconveniente?
Il rischio di una forma di evasione fiscale molto facile: ogni aumento retributivo potrà essere facilmente sottratto all'Irpef fingendo lo svolgimento di lavoro straordinario.

Ha fondamento il timore del sindacato per l'assenza di un rinvio alla contrattazione collettiva?
Il sindacato non può pretendere un ruolo di "rubinetto", che regola la riduzione dell'Irpef sui redditi di lavoro mediante la contrattazione aziendale. Diverso è il discorso sulla detassazione dei premi aziendali che mira a favorire un maggiore collegamento delle retribuzioni alla produttività del lavoro. La preferisce la parte dei sindacati favorevole al decentramento della contrattazione collettiva. Se ci si propone questo obiettivo - come credo sia giusto - anche questa è una misura utile.

Per il sindacato con più straordinario si disincentiva la creazione di lavoro stabile. È d'accordo?
No, è un argomento sbagliato. Chi lavora di più non porta via lavoro agli altri. Semmai è vero il contrario, come dimostrano molti studi empirici. Occorre lasciare che, chi vuole lavorare di più, possa farlo, entro i limiti posti dall'Ue per la tutela della salute. Fermi quei limiti, il mercato del tempo di lavoro in azienda deve poter funzionare liberamente. E l'esperienza dice che, in generale, funziona bene. Chi si propone di bloccarlo fa il danno dei lavoratori, oltre che delle imprese. (G.Pog.)

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