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Unieuro chiude 40 negozi

di Paola Guidi

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30 Aprile 2008

La crisi delle vendite e la riduzione dei margini mettono in ginocchio Unieuro. Quaranta punti vendita, equivalenti al 19% degli incassi annuali, saranno infatti chiusi entro l'anno. Il gruppo dell'elettronica di consumo è oggi in mano all'inglese Dsgi (ex Dixons) al quale il fondatore Oscar Farinetti lo vendette nel 2002. E il nuovo direttore direttore generale Mario Maiocchi non ha atteso molto (una volta insediato a gennaio) a tagliare i rami secchi. Questo dopo un 2007 che ha registrato un calo delle vendite intorno all'11% (il fatturato è sceso sotto il miliardo di euro) e una perdita di quote di mercato di 2-3 punti. Dei 40 negozi (su un totale di 150) ne fanno parte alcuni alcuni (3 su 17) inaugurati solo un anno fa. In definitiva ne emerge un netto ridimensionamento di quello che ai tempi d'oro di Farinetti era il terzo gruppo della distribuzione italiana.
«Ma sarà una ristrutturazione veloce – spiega Maiocchi – perché già entro l'anno aprirermo altre superfici per rilanciare il gruppo. Un'apertura a breve è prevista in provincia di Varese, poi altre in Lombardia e in tutta Italia». I negozi in chiusura sono dislocati in tutte le regioni ma con prevalenza nel Nord. Hanno dimensioni e posizioni infelici, alcuni sono decisamente obsoleti ma altri sono comunque appetibili dal punto vista immobiliare. E se Riccardo Pasini, presidente di Elite, conferma che qualche punto vendita potrebbe forse interessare ai soci del gruppo che annovera aziende come la Comet di Bologna (un gigante nell'impiantistica e nell'elettrotecnica) altri singoli operatori interpellati avanzano dubbi. «Dobbiamo vedere dove sono questi negozi – sottolinea invece Carlo Alberto Lasagna, direttore generale di Expert Italia – alcuni nostri soci hanno la specializzazione di commercianti di prossimità e lavorano con negozi non grandi, forse qualche punto vendita dei 40 potrebbe andar bene». Nessun interesse invece da parte del leader italiano, Mediamarket, che con le insegne Mediaworld e Saturn segue un layout completamente diverso da quello di Unieuro.
Secondo il ceo Pier Luigi Bernasconi il modello organizzativo del gruppo prevede superfici commerciali oltre i 2.500 metri quadri, con ampie strutture di parcheggio per un'ottimale fruizione dei servizi per il consumatore. E poi – si spiega in Mediamarket – l'interesse è focalizzato su spazi all'interno di centri commerciali. Molto più interessato invece è John Atch, direttore generale di Darty (il gigante francese appartenente a Kesa Electrical) che conta su 13 punti vendita (dieci dei quali a Milano) con un fatturato di 100 milioni di euro in crescita costante. «Siamo pronti a fare acquisti e a trovare piccole catene locali con ottime posizioni e con una tradizionale clientela. Oggi il mercato è molto difficile, in futuro lo sarà ancora di più ma noi apriremo comunque almeno sei negozi. Per fare shopping si vedrà. Siamo qui». Ma se Unieuro taglia negozi poco redditizi non tira una buona aria nemmeno per i concorrenti. L'elettronica di consumo arriva da cinque anni di guerra dei prezzi con un crollo tra il 40 e il 70% dei listini e un calo generalizzato dei margini. Poi nel 2008 si è abbattuta la prima vera crisi del mercato della tecnologia domestica con un taglio nelle vendite del bianco (il settore più redditizio) che nel primo bimestre ha raggiunto il 3-4%. Male anche la telefonia con un calo che ha toccato il 10% e la climatizzazione con riduzioni di ben il 50 per cento.
La distribuzione italiana è in recessione ma già nel 2007, nonostante tutti gli annunci trionfali, molti non nascondevano, oltre alla perdita di redditività, il fatto che like for like (a parità di punti vendita) i fatturati erano quasi tutti piatti, pari ai livelli del 2006. E solo il bianco con un incremento del 10% delle vendite e un margine ancora buono del 30-40% ha salvato la caduta dei profitti. Poi anche questo comparto si è fermato. Divorati dalle promozioni e dalle nuove aperture (ciascuna delle quali costa ormai 1/1,5 milioni di euro) catene e gruppi dopo aver aperto nel 2007 128 nuove superfici contro le 100 del 2006, hanno continuato nella "bulimia" di spazi con 30 inaugurazioni in soli tre mesi. Nella speranza che i Campionati europei di calcio e le Olimpiadi di Pechino salvino i fatturati.

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