C'è una grande confusione nella testa degli italiani su che cosa siano i nuovi rapporti di lavoro, quelli diversi dal tempo indeterminato. A dieci anni dall'entrata in vigore del pacchetto Treu e a cinque dal varo della legge 30 nonè ancora chiaro che cosa sia il lavoro temporaneo (l'interinale, ribattezzato "in somministrazione a tempo determinato"), come funzioni e che tutele garantisca. Ma nemmeno sanno dire, gli iatliani, che differenza ci sia tra i vari contratti a tempo, le collaborazioni a progetto e, addirittura, il lavoro nero.
A rivelarlo non è un'indagine demoscopica qualunque, bensì uno studio che Assolavoro – l'associazione di categoria nata nel 2006 dalle fusione di tre organismi e che oggi riunisce 69 delle 80 agenzie per il lavoro autorizzate dal ministero - ha commissionato a Ipsos. Qui non parliamo del dibattito politico-semantico sulla differenza tra flessibilità e precarietà. La "percezione" di instabilità si ferma molto prima, e non fa troppi distinguo: quel che non è passato è proprio il contenuto delle formule, che suonano indifferenziate e preoccupanti soprattutto alle orecchie dei meno giovani.
Metà della popolazione italiana (46,8%), soprattutto i ventenni e i già occupati pensano che il mercato de lavoro si sia evoluto rapidamente. Ma il 50,8% non ha visto cambiamenti rilevanti. L'impressione di un mondo del lavoro rimasto sostanzialmente "bloccato" cresce parallelamente con l'età. Il 42,6% degli intervistati è al corrente che esistono differenze tra le tipologie di contratti (cocopro, partita Iva, interinale) ma non le saprebbe indicare. Solo il 31,6% sa elencare le caratteristiche principali dell'una o dell'altra formula. Sul lavoro temporaneo, in particolare,il livello di informazione è "precario": il 52% ritiene che lavoratore a tempo sia svantaggiato rispetto ai lavoratori stabili dell'azienda utilizzatrice, quando la legge garantisce invece la parità di trattamento economico e normativo. Il 50 crede che non ci sia tutela o che sia solo parziale in caso di malattia, il 32%pensa che il lavoro temporaneo sia paragonabile al lavoro nero. Eppure, semplificare troppo il "percepito" dei lavoratori sarebbe un errore. L'indagine restituisce un quadro contraddittorio dove si afferma anche che le agenzie per il lavoro favoriscono le prime esperienze per i giovani ( 71,5%del totale e 78,4 tra i 18-24enni).Le opportunità passano dall'agenzia secondo 16,6%, ma l'invio spontaneo di curriculum alle aziende resta il canale preferito per un terzo degli interpellati.
Di chi è la responsabilità di questo buio informativo? Gli operatori fanno autocritica, ma solo in parte, e incolpano in prima battuta i media: «Alla base c'è stata la confusione e la disinformazione voluta dai mezzi di comunicazione replica infatti Gennaro delli Santi Cimaglia, presidente di Assolavoro- Bisogna dunque fare qualcosa, a partire dal nuovo Governo, per attivare forma di conoscenza cominciando dal mondo della scuola. Noi operatori? Abbiamo informato di più chi entrava nelle nostre agenzie che coloro che restavano fuori. Adesso dobbiamo parlare con le persone di che quel che possiamo offrire, con molta onestà». L' errore secondo Elio Pagnoncelli di Ipsos, da parte delle agenzie, è stato nel credere nella capacità dei giovani «di avere capacità di selezione e districarsi in un mondo del lavoro altamente complesso, poi nell'avere investito nei mezzi di informazione tradizionali, poco in forme nuove di comunicazione e negli strumenti che i giovani frequentano, Internet in testa». Pagnoncelli è il primo a rivelarsi sorpreso dai dati. «Ma non piùditanto – precisa – In presenza del tasso più alto di occupazione la preoccupazione nasce dalla difficoltà ad adeguarsi al nuovo tipo di lavoro; l'incontro avviene tuttora attraverso il networking informale, che non è necessariamente la raccomandazione; l'alto tasso di proprietà della casa frena la propensione alla mobilità».
Se gli italiani scambiano il lavoro interinale con i contratti a progetto e addirittura con il nero il problema non è di comunicazione ma di sostanza, invece, per l'economista Tito Boeri,che da annicritica la proliferazione delle tipologie di contratto. «L'ingegneria contrattuale ha costi elevati in termini di informazione e coloro che non riescono a usare questi contratti per arrivare a un rapporto più stabile li vivono come condizione di instabilità diffusa, di cui percepiscono solo l'aspetto di discontinuità come cronico, non le tutele».