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Ecomafia: un business da 18,4 miliardi di euro

di Nicoletta Cottone

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4 giugno 2008

Oltre 30mila reati contro l'ambiente l'anno, 83 al giorno, più di 3 ogni ora. Un quinto degli introiti delle mafie arriva dallo sfruttamento delle risorse ambientali per fini criminali: nel 2007 le ecomafie hanno fatturato una cifra che sfiora i 18 miliardi e 400 milioni di euro, 4,4 miliardi in meno rispetto al 2006. Gli affari traballano in alcuni settori, come il business dei rifiuti e il mattone illegale, perché aumenta l'attività di prevenzione e repressione. In generale crescono del 27% i reati contro l'ambiente, giunti a quota 30.124, le denunce (22.069, + 9%), i sequestri (9.074, più 19%), gli arresti. In salita anche gli incendi boschivi dolosi: si registrano 225mila ettari di boschi e foreste andate in fumo. La Campania è sempre in testa alla classifica per illegalità ambientali, il Veneto occupa il secondo posto per infrazioni al ciclo dei rifiuti. Lo testimonia il Rapporto Ecomafia 2008, i numeri e le storie della criminalità ambientale, presentato a Roma da Legambiente. I dati segnalano che è scomparsa nel nulla una autentica montagna di rifiuti alta 1.970 metri, con la base di 3 ettari. «È necessaria una primavera di legalità in tutto il paese nel settore ambientale - scrive nel messaggio inviato a Legambiente il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo - e che lo Stato, come sta accadendo in Campania, affronti con decisione gli interessi illeciti e mala-amministrazione su cui prosperano le eco-mafie».

Nella classifica degli illeciti accertati al primo posto è sempre la Campania, seguita dalla Calabria. Triste il primato di queste due regioni, dove si concentra il 30% di tutti gli illeciti del Belpaese. Seguono Puglia, Lazio e Sicilia. Nel Nord, è la Liguria in testa alla hit delle infrazioni. Il rapporto ha censito, poi, 239 clan, 39 in più rispetto al rapporto dello scorso anno.

Le inchieste condotte dalle Direzioni distrettuali antimafia, sottolinea il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, scoprono spesso piani criminali per accaparrarsi risorse pubbliche legate al ciclo del cemento e dei rifiuti. «La criminalità ambientale – spiega Grasso – infesta intere aree geografiche a partire dal Sud, dove la criminalità organizzata riesce a inquinare ogni aspetto della vita economica e sociale, a imporre scelte strategiche per il territorio, a decidere la sorte di intere comunità».

Gli introiti maggiori delle ecomafie sono quelli provenienti dalla Rifiuti Spa, la holding del crimine che avvelena il territorio smaltendo illegalmente i rifiuti delle industrie: 4 miliardi e 500 milioni di euro. Introiti in calo di 1,4 miliardi di euro nel business dei rifiuti, legati all'aumento dell'attività di prevenzione e repressione. Segue il partito del cemento che nel 2007 ha realizzato 28mila case abusive. Colpito anche il business del mattone illegale, in calo di 136 milioni di euro. L'ecomafia non colpisce solo il Sud, ma anche Lazio, Toscana, Umbria, Lombardia, Liguria, Piemonte e Veneto. Proprio il Veneto, poi, si classifica secondo, dopo la Campania, nel ciclo illegale dei rifiuti. La Puglia mantiene il terzo posto. La Direzione nazionale antimafia segnala che nel ciclo illegale dei rifiuti Cosa Nostra si affianca alla camorra, e che nel clan dei Casalesi emerge una multifunzionalità che spazia dal business dei rifiuti al ciclo del cemento, dall'agricoltura al racket degli animali.

«Le ecomafie - commenta Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - gestiscono nel nostro Paese una vero e proprio sistema eco-criminale, estremamente flessibile e diversificato, al quale dobbiamo contrapporne uno legale ed eco-sostenibile. E dobbiamo saperlo difendere con strumenti adeguati. Per questo, come ogni anno, rilanciamo la proposta di introdurre i delitti contro l'ambiente nel nostro Codice penale, per punire in maniera congrua chi avvelena l'aria che respiriamo, inquina l'acqua, saccheggia il territorio, minaccia la nostra salute, penalizza le imprese pulite. Esistono già proposte di legge ampiamente condivise e un quadro di riferimento comunitario sostanzialmente definito. Servono la volontà politica e il tempo per farlo, due condizioni che ci auguriamo siano soddisfatte in questa legislatura».

La mafia mette le mani anche negli incendi, puntando al rimboschimento, nei furti d'acqua e di sabbia, nel settore agricolo e nel racket degli animali, importando cuccioli dall'Est per i combattimenti clandestini realizzando affari per circa 3 miliardi di euro. Oggi la mafia punta anche al business delle energie rinnovabili. Leggermente in calo il business dell'archeomafia: si scende da 1.212 casi del 2006 a 1.085 del 2007.

Il rapporto di Legambiente sarà presentato in giro per l'Italia in 12 tappe: partenza da Riccione il 6 giugno. Prevista anche una puntata a Bruxelles.

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