Cala la crescita e dunque aumenterà il deficit. Questo l'avvertimento lanciato dall'Ocse per l'andamento dell'economia italiana in affanno e dei conti pubblici a rischio. Quest'anno l'Italia crescerà, secondo l'Outlook di primavera dell'Ocse, appena dello 0,5% rispetto all'1,1% previsto a marzo e dall'1,3% indicato a dicembre per aumentare allo 0,9% nel 2009, rimanendo così la "cenerentola" dell'eurozona: la Germania e la Francia metteranno a segno rispettivamente un più tondo incremento dell'1,9% e 1,8% quest'anno, dell'1,1% e dell'1,5% l'anno prossimo.
In questa situazione i conti pubblici italiani potrebbero «deteriorarsi» nel 2008, come effetto del rallentamento della crescita e delle misure di aumento del deficit, compreso il taglio dell'Ici e dell'Irap. Gli esperti parigini prevedono per quest'anno un rapporto deficit/pil al 2,5% e per il 2009 al 2,7% (era all'1,9% nel 2007). Secondo l'organizzazione internazionale «ci si potrebbe pentire» dei tagli alla pressione fiscale «se i recenti miglioramenti nella riscossione e il conseguente allargamento della base fiscale non saranno sostenuti».
In questa situazione la disoccupazione italiana potrebbe invertire la rotta positiva fin qui tenuta e ricominciare a salire passando dal 6,1 del 2007 al 6,2% di quest'anno al 6,5% nel 2009. «Mentre l'economia rallenta - spiega Elmeskov Jorgen, capo economista ad interim dell'Ocse - il Governo italiano deve tenere sotto controllo le spese e non fare altro che lasciar lavorare gli stabilizzatori automatici evitando ogni manovra espansiva supplementare che non avrebbe nessun effetto positivo sulla domanda». Inoltre Roma deve «evitare ogni ulteriore ritardo nel varare la riforma delle pensioni e continuare a ridurre il deficit (che aumenterà passando dal 1,9% messo a segno nel 2007, al 2,5% e 2,7% nel 2008) per il solo effetto del rallentamento economico. «Il problema italiano si chiama bassa crescita della produttività negli ultimi anni" spiega Jorgen. "L'aumento relativamente basso dei salari non ha impedito l'aumento dei costi unitari di lavoro». Che fare per cambiare la situazione? «L'Italia deve migliorare il grado di istruzione della forza lavoro - dice Jorgen - creare un quadro generale che aiuti gli investimenti privati in Ricerca e sviluppo, favorire una maggiore concorrenza nel settore dei servizi, trasporti (taxi), ed energia compresa».