I sindacati sono disponibili a sedersi intorno a un tavolo già dall'inizio della prossima settimana per avviare con Confindustria il confronto sulla piattaforma unitaria di riforma della contrattazione. In un secondo momento il negoziato verrà allargato alle altre associazioni datoriali.
La modifica dell'attuale assetto contrattuale, definito con l'accordo del 23 luglio del 1993, è considerata una priorità per aziende e sindacati. Così a quattro anni dal precedente tavolo – saltato per le differenze esistenti in primo luogo tra le sigle sindacali – può ripartire il confronto. Cgil, Cisl e Uil sono infatti riuscite a superare i contrasti decennali su temi come il nuovo modello contrattuale, la democrazia e la misurazione della rappresentanza sindacale, trovando una sintesi tra le diverse proposte nella piattaforma unitaria. L'ultimo "ostacolo" per l'avvio del confronto era rappresentato dalla conferenza di organizzazione della Cgil che si è conclusa sabato scorso con una netta affermazione della linea di Guglielmo Epifani, e una sonora bocciatura per le posizioni vicine all'area della sinistra radicale, contrarie all'impostazione della piattaforma unitaria.
Tuttavia, nonostante le parti sociali convergano sulla necessità di far partire rapidamente il confronto, entrando nel merito delle proposte, sono evidenti le divergenze esistenti tra Confindustria e sindacati. La leader degli industriali, Emma Marcegaglia, intendendo coniugare salari e produttività propone di alleggerire il contratto nazionale, «limitandolo alle regole di base e a parte della retribuzione», non eliminandolo, ma «incrementando la componente aziendale». La presidente di Confindustria è contraria a forme di indicizzazione dei salari («non possiamo accettare condizioni che ricordino la scala mobile e che ci portino fuori dall'Europa»), così come all'estensione della contrattazione territoriale, giudicata un appesantimento rispetto ai livelli già esistenti.
Mentre la piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil sollecitando la «diffusione qualitativa e quantitativa del secondo livello di contrattazione attraverso misure aggiuntive di detassazione», prevede che i contratti nazionali debbano indicare, «in termini di alternatività, la sede aziendale o territoriale». Quest'ultima «deve potersi dispiegare in una molteplicità di forme: regionale, provinciale, settoriale, di filiera, di comparto, di distretto e di sito». Ma, soprattutto, per migliorare l'indicizzazione degli stipendi Cgil, Cisl e Uil propongono che venga utilizzato il concetto di «inflazione realisticamente prevedibile», con «meccanismi certi di recupero» per «eventuali differenziali inflazionistici».