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Il primo impegno resta il debito

di Luigi Lazzi Gazzini

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3 Giugno 2008

Non c'è soltanto la spesa pubblica da contenere. C'è anche, a complicare il quadro, l'impegno di ridurre di tre punti percentuali la pressione fiscale, impegno consegnato dal Centro-destra al programma elettorale. Se al primo intervento, che già comporta l'inversione dell'andamento avutosi finora, si aggiunge la compensazione degli sgravi, lo sforzo di risanamento si fa immane.
Tre punti in più o in meno di pressione fiscale (dal 43 attuale al 40% in rapporto al prodotto) valgono al 2011, anno del previsto pareggio, 50 miliardi. Basta questo a far comprendere quanto il pareggio dipenda da un maggiore o minore rispetto dell'impegno elettorale. Poco conta, in questa luce, che l'Europa sia disposta a concedere all'Italia e agli altri Paesi con bilanci in deficit un anno in più per annullare il disavanzo. Bene ha fatto dunque il ministro Giulio Tremonti a confermare la scadenza del 2011 concordata dal precedente Governo.
L'obiettivo del pareggio vale non solo in sé, ma soprattutto in quanto strumentale alla riduzione del debito pubblico, come ha ricordato il governatore Mario Draghi sabato scorso: la politica di bilancio, ha detto, deve restare ancorata all'esigenza di ridurre il debito pubblico in rapporto al prodotto. Naturalmente, ha aggiunto, se le misure correttive non sono orientate all'efficienza e alla crescita, tutto diventa più difficile. Lo si è visto nel 2006 e nel 2007 quando, certo grazie anche ad altri fattori, una modesta ripresa dell'economia si è subito tradotta in un netto quanto imprevisto miglioramento dei conti.
È giusto pertanto puntare, come fa il Governo, all'efficienza e allo snellimento della macchina pubblica, anche come strumento di crescita, insieme con le misure a più diretto impatto su saldi e debito.
Lo sforzo rimane tuttavia titanico e le cifre sono lì a dimostrarlo. Cinquanta miliardi di minori incassi da compensare significano, dal lato delle spese – dice la Banca d'Italia nella Relazione annuale – che la crescita nominale annua dei pagamenti non deve superare il mezzo punto percentuale: l'aumento nominale annuo delle spese è stato invece, in media, del 4,2% tra il 2003 e il 2007. Identica la crescita prevista nel 2008. Dal 2009 al 2011, però, la Relazione unificata (Ruef) la dà al 2,5%: un ribasso inatteso.
Alla compensazione dello sgravio si somma la correzione da 20 miliardi prevista dalla Ruef, ma altri miliardi (una diecina) devono aggiungersi per tener conto degli impegni inderogabili non compresi nella legislazione vigente, dunque non messi formalmente in conto.
Il Governo intende attuare un intervento già nel mese in corso. Si parla di dieci miliardi, soprattutto – è ovvio – dal lato della spesa. Nulla vieta, ed è più volte accaduto, di anticipare interventi che altrimenti confluirebbero nella Finanziaria per il 2009. Ma la pronta efficacia dei risparmi dipende dalle poste che ne sono investite, se già impegnate o ancora libere.
In generale, misure di risparmio in corso d'anno hanno effetti modesti. Per il 2008 potrebbero ridursi, a quel che si dice, a cinque miliardi. Se però, come pare, il deficit dell'anno in corso rischia di appesantirsi di 3-4 miliardi rispetto ai dati della Ruef, parte della correzione è già impegnata. Lo stesso per il 2009, quando il disavanzo è visto in crescita di 6-7 miliardi.
Si parla anche di operazioni immobiliari, tra cui quella da 4 miliardi su edifici della Difesa. Incassi che ridurranno il debito, non più il disavanzo, come accadeva fino a due anni fa. Ma di ben altra dimensione dovranno essere le manovre per conseguire tutti gli obiettivi indicati.

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