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Zapatero alla Bce: più flessibilità. Ma i tassi (forse) saliranno al 4,50%

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30 giugno 2008


Il capo del governo spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero chiede l'introduzione di una «certa flessibilità» nella politica anti inflazionista della Banca Centrale Europea. In un'intervista al quotidiano El Pais, Zapatero ha dichiarato che l'azione della Bce «troppo orientata al controllo dell'inflazione dovrebbe avere una certa flessibilità, in particolare perché l'inflazione in Europa è dovuta soprattutto all'aumento del prezzo del petrolio e degli alimenti e non a un eccesso della domanda interna».

Il premier spagnolo ha circostanziato così i suoi dubbi sull'aumento dei tassi da parte della Bce, decisione che dovrebbe arrivare nel meeting di giovedì prossimo. «Esistono due politiche», quella della Bce e quella della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, e «a medio termine vedremo qual è la più giudiziosa».
Zapatero ha poi ripetuto le critiche che aveva formulato ai primi di giugno contro il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, che aveva ipotizzato un possibile aumento dei tassi in luglio. Queste affermazioni, secondo Madrid, avevano poi provocato un aumento dell'Euribor, indice di riferimento per i tassi ipotecari in Spagna. «Mi sembra - aveva detto Zapatero - che annunciare un possibile aumento dei tassi con 20 giorni di anticipo provochi inquietudine nel settore finanziario». Riferimento chiaro al fatto che a un tale annuncio segue sempre un adeguamento pressoché immediato da parte del mercato, che di fatto inizia a scontare da dubito la stretta sul costo del danaro alzando gli interessi in misura.

Zapatero ha affermato che non intende attaccare l'indipendenza della Bce, ma rivendica il diritto di avere riserve sulle sue decisioni: «La Bce può dare giudizi sulla politica economica dei governi e ma i governi non possono esprimere opinioni sull'operato della Bce?»

Anche la Germania, intanto, si è schierata nel fine settimana contro l'aumento dei tassi. Secondo il ministro delle Finanze Peer Steinbrueck il rischio è danneggiare la crescita. È stata rotta così la tradizionale linea rispettosa dell'indipendenza della Bce tenuta da Berlino, che si è unita a Spagna e Francia (Sarkozy da tempo chiede di non toccare i tassi, anzi di abbassarli) nel chiedere una tregua a Francoforte.

Gli analisti, però, pensano che il rialzo di giovedì prossimo potrebbe non essere l'unico e si dicono pronti a chiedere alla banca di scoprire le carte, per portare alla luce il "bluff" nascosto dietro le dichiarazioni di facciata secondo le quali per il 2008 i tassi non dovrebbero salire sopra il 4,25%. L'attenzione, giovedì, più che sulla decisione dei tassi sarà quindi puntata sulle parole del presidente della Bce Jean-Claude Trichet nella conferenza stampa successiva, da cui potrebbero arrivare indicazioni sui prossimi mesi, anche alla luce dell'incontro che il banchiere francese terrà con il segretario del Tesoro statunitense, Henry Paulson, martedì a Francoforte.

I mercati, di fatto, continuano ad aspettarsi una seconda stretta entro fine anno. A poco sono valse le parole di Trichet (non stiamo preparando una «serie» di aumenti) e di Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo, che si è spinto fino a spiegare che una sola manovra sui tassi, quella appunto di giovedì, «dovrebbe bastare».

Nel frattempo, l'allarme dell'inflazione, con il petrolio sopra 142 dollari, si è fatto ancora più pressante per i banchieri di Francoforte. La crescita dei prezzi in Germania ha superato le previsioni con un aumento a giugno del 3,4%, ai massimi almeno dal 1996. Oggi in Italia il consensus parla di un 3,8 per cento. Secondo molti economisti, con i prezzi arroventati dal petrolio record, è plausibile che l'inflazione dei 15 paesi di Eurolandia abbia sfiorato il 4% nel mese che si sta per chiudere: la previsione media è per un 3,8%, quasi il doppio rispetto all'obiettivo del 2% scritto nello statuto della Bce.

Il francese Christian Noyer si è detto «ottimista» su un riallineamento dei prezzi al tasso del 2% l'anno prossimo, ma a voler essere realisti non si potrà tornare sotto il 2,5 per cento. Molto dipenderà, ovviamente, da fattori esterni come le quotazioni petrolifere, che finora nemmeno l'impegno dell'Arabia Saudita ad aumentare la produzione è riuscito a rallentare.

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