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Dal mare l'energia del futuro

di Michele Calcaterra

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1 Giugno 2008
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Anaconda, sfrutta le onde per produrre energia

La nuova frontiera dell'energia rinnovabile, dopo il successo ottenuto con il vento, è il mare. Il problema però è capire come imbrigliare la sua forza e renderla utile all'uomo. Negli anni 60, soprattutto in Francia, si è tentato di sfruttare le maree delle coste bretoni e normanne, ma l'esperimento, nonostante gli investimenti faraonici, non ha avuto il successo sperato ed è stato interrotto. Ora, con il rapido avanzare delle tecnologie, si stanno sperimentando nuove soluzioni e, alcune di esse, sono sicuramente promettenti, come dimostrano quattro differenti progetti messi a punto in Portogallo, Francia, Italia e Inghilterra, che operano sulla superficie del mare o in profondità.
Nel Golfo di Aguçadoura, cinque chilometri al largo dalla costa portoghese, da qualche mese un "serpente marino" di colore rosso galleggia sulla superficie dell'acqua. Le sue prede, però, non sono i pesci dell'Atlantico, ma le onde che incessanti e cadenzate arrivano per infrangersi sulle rive. Pelamis (dal latino serpente di mare) è uno dei primi impianti in Europa che sfrutta le onde marine per generare energia elettrica.

Tecnologia scozzese
La tecnologia è scozzese, del gruppo Ocean Power Delivery, ed è stata scelta dal Governo portoghese perché l'oceano, in questo punto di costa, con le sue onde più adatte per gli amanti del surf che per nuotare, appare fatto apposta per sfruttare questo tipo di impianti. Che, per il momento, permette di illuminare 1.500 case sulla costa.
La ricerca su questo tipo di energia, promossa dall'Istituto superiore di tecnologia di Lisbona, dura da una ventina d'anni. L'investimento iniziale è stato di 8,2 milioni di euro, finanziato da un consorzio guidato da Enersis, società portoghese controllata dalla spagnola Endesa, che a sua volta fa capo all'italiana Enel.
Così come all'Enel stanno perfezionando un impianto, chiamato Kobold (nome che deriva da un folletto buono della mitologia nordeuropea), ideato dall'armatore Elio Matacena con la sua società Ponte di Archimede, che trasforma le correnti del mare in energia elettrica. La prima turbina di questo tipo si trova installata in via sperimentale nello Stretto di Messina (mentre al lavoro ce ne sono già, in Indonesia, in Cina, in Australia) ed è in funzione da un paio d'anni. Kobold ha l'aspetto di una piattaforma galleggiante di circa 10 metri di diametro ed è dotata di una turbina ad asse verticale con tre grandi pale immerse in acqua, che ruotano grazie alla forza generata dalle correnti e che producono energia da trasferire sulla terraferma. Mentre sulla piattaforma ci sono anche 39 pannelli solari che rendono Kobold un'icona dello sviluppo sostenibile in campo energetico.
I francesi stanno sviluppando un progetto al largo delle coste atlantiche bretoni. La società Hydrohelix Energie ha collocato sul fondo dell'oceano un prototipo di turbina che sfrutterà le correnti marine. Il progetto, chiamato Sabella (un genere di anellidi), consiste nel fissare su una piattaforma di cemento a 20 metri di profondità, una sorta di grande "ventilatore", le cui pale di tre metri ciascuna girano spinte dalle correnti e generano elettricità da trasferire sulla terraferma. L'obiettivo è di entrare in produzione nel 2009 e di generare nel giro di qualche anno (grazie a ulteriori investimenti in altri campi marini) il 5% del fabbisogno totale francese di elettricità.
Le maree sono il principale "motore" anche del progetto britannico che vede la luce in questi giorni. La società SeaGen ha infatti messo a punto una torre alta circa 41 metri e pesante mille tonnellate, ancorata al fondo del mare con due gigantesche eliche (16 metri di diametro) che sfrutteranno la marea per 20 ore al giorno, in modo da generare la corrente necessaria a rifornire un migliaio di case sulla costa. La torre si trova a Strangford Lough, in un fiordo nella parte Est della costa irlandese del Nord difronte all'Inghilterra.
Secondo gli esperti di SeaGen, se l'esperimento avrà successo (e nessuno lo dubita, dato che al contrario del vento, le maree sono previsibili) l'Inghilterra nel giro di pochi anni dovrebbe dotarsi di nuovi "campi marini" di turbine, tali da generare il 10% del fabbisogno energetico del Paese.

Serpenti marini
Tornando al Portogallo, assicurare Pelamis in mezzo al mare non è stato semplice. Ci sono voluti mesi di lavoro in Scozia e un paio di anni per assemblarlo. I serpenti marini sono tre, ciascuno del peso di 700 tonnellate e ciascuno formato da tre tronconi articolati, di 142 metri di lunghezza l'uno e 3,5 metri di diametro, collegati tra di loro dal modulo che serve per la generazione vera e propria dell'energia. I tre serpenti marini, distanti tra di loro 225 metri, sono assicurati al fondo del mare da cavi di acciaio ancorati a qualche decina di metri di profondità e occupano una superficie di circa un chilometro quadrato.
Il vantaggio della tecnologia del Pelamis è che il serpente, beccheggiando sulla superficie del mare, sfrutta sia le onde laterali che quelle frontali. Nella sostanza quando le onde passano, attivano i generatori inseriti nel modulo centrale di Pelamis e l'energia cinetica si converte in energia elettrica. Che successivamente, un cavo sottomarino trasporta a una centrale sulla terraferma che si occupa di convogliarla e distribuirla nella rete.
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