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Antonio Pedone: «Drammatizzare la frenata dell'Iva non serve al rigore»

di Rossella Bocciarelli

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5 AGOSTO 2008

Nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio ha dato un annuncio secco, anticipando un dato che verrà certificato solo tra qualche settimana: «C'è stato un crollo dell'Iva del 7% nel mese scorso rispetto ai mesi precedenti», ha detto Silvio Berlusconi, interpretandolo come segno inequivocabile di crisi, di consumi in via di surgelamento e conseguente percorso obbligato per la politica economica (procedere immediatamente con i tagli di spesa).

Ma davvero quei dati giustificano allarme e necessità di agire in emergenza? Secondo Antonio Pedone, decano degli economisti della finanza pubblica, è lecito nutrire qualche dubbio. «In primo luogo spiega non è chiaro se il -7% riguardi l'Iva versata nel trimestre o no. Se la dinamica riguarda i versamenti mensili, sì, dallo scorso mese di aprile si sta verificando un rallentamento, ma di solito si ritengono significativi i versamenti trimestrali dell'Iva, perché quelli mensili attengono a una piccola parte dei soggetti d'imposta e il dato mensile "balla molto". In sostanza, per una diagnosi vera e propria bisognerebbe almeno attendere i versamenti trimestrali».
Le cifre dell'Iva mensile, spiega ancora l'economista, possono riflettere in parte un andamento non brillante dei consumi, anche se non è da escludere che alcune misure di deregulation fiscale abbiano generato una maggiore propensione alla sottofatturazione e all'evasione. «Infine, non è chiaro se stiamo parlando dell'Iva sugli scambi interni o dell'Iva totale: la caduta dell'Iva sugli scambi interni è infatti in questo momento compensata dall'aumento del gettito Iva sulle importazioni, che aumentano in valore per via del rialzo dei prezzi del petrolio».

Pur con tutti questi distinguo, afferma l'esperto, i sintomi di un rallentamento della domanda interna esistono. «Ma quanto questi sintomi non vengano poi enfatizzati, al fine di convincere gli altri ministri che occorre tagliare la spesa pubblica perché le entrate tributarie cadono e i "tesoretti" non esistono, io, francamente, non saprei dire. Può darsi che ci sia un uso strumentale, magari a fin di bene, allo scopo di disinnescare eventuali assalti alla diligenza» sostiene Pedone.
«Però aggiunge bisognerebbe anche cominciare a riflettere seriamente se sia così efficace questa strategia che alimenta la paura più che la speranza, per parafrasare il titolo del libro di Giulio Tremonti. A forza di lanciare allarmi e rafforzare timori che qualche fondamento ce l'hanno, non è che poi la gente sia portata a spendere e consumare di più».

Però, facciamo osservare, anche il Fmi ha appena ribadito che l'Italia non può permettersi di abbassare la guardia sul debito pubblico. «Certo risponde Pedone ma i tagli alle spesa pubblica vanno fatti con criterio e motivazione. Come, peraltro, con le sue precisazioni sull'articolo 60 della manovra, ha fatto notare il Presidente della Repubblica, i tagli ai vari ministeri non possono essere il frutto di una gestione preventiva e accentrata del ministero dell'Economia. Se non si offrono spiegazioni e motivazioni convincenti su questo terreno, forse si può frenare la spesa nel breve periodo ma poi, dopo, riprenderà a crescere. E, in ogni caso, si provocherà uno scadimento dei servizi offerti».

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