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Bruschi (Unendo energia): «Grosse opportunità per le rinnovabili, ma l'Italia è indietro»

Luca Salvioli

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3 settembre 2008

Il business verde esiste anche in Italia. La corsa dei prezzi dei combustibili fossili e il riscaldamento globale spingono su un ecosistema che si muove entro gli obiettivi europei: il 20% di energia pulita entro il 2020. Enrico Bruschi, amministratore delegato di Unendo Energia, parte del gruppo Afin, crede che per il Paese la strada, per quanto in discesa rispetto al passato, sia ancora molto ardua. L'azienda, che prevede di raggiungere 62 milioni di euro di ricavi a fine 2008, vende alla rete energia prodotta dal vento, il sole, le biomasse, oltre a essere presente nel mercato dei crediti di carbonio previsti dal protocollo di Kyoto. Si occupa di tutta la catena: individuazione del sito, progetto, valutazione, autorizzazione, costruzione e gestione.

Qual è la fonte rinnovabile che attualmente dà la maggiori soddisfazioni? Certamente l'eolico, per noi rappresenta l'80% del business. Abbiamo solo impianti onshore (su terraferma), per il momento l'offshore (in mare) costa di più e ha un iter autorizzativo più lungo. Abbiamo una potenza installata in esercizio di 36 Mw e un piano di progetti per 500 Mw tra l'Italia e l'estero. Con il fotovoltaico arriveremo a 3 Megawatt e mezzo entro la fine del 2008; 27 Mw con le biomasse e 10 Mw con l'idroelettrico di piccola taglia.
All'estero quali sono i Paesi più attraenti?
Il sud Italia, l'unica area del Paese interessante per l'eolico, è prossimo alla saturazione. E' molto interessante il Far East. In particolare stiamo lavorando in Grecia e Albania, due Paesi con vento abbondante e condizioni di investimento vantaggiose. Poi c'è la Cina. Quando avremo raggiunto una notevole potenza installata vogliamo quotarci in Borsa.

Quando?
Prevediamo di raggiungere l'obiettivo tra fine 2009 e inizio 2010.
Per quanto riguarda l'Italia, si dice spesso che il problema delle rinnovabili sono i vincoli burocatici, le autorizzazioni che non arrivano mai, i tempi lunghissimi. Com'è la situazione?
I tempi restano più lunghi che in altri Paesi. In più c'è il problema della speculazione sulle autorizzazioni...
Sarebbe a dire?
Molte richieste sono virtuali: vengono richieste per poi essere rivendute "gonfiate". Questo crea un ingorgo di domande di autorizzazione.
Quanto tempo ci vuole per ottenerne una?
Dipende dalla fonte. Nel caso dell'eolico il primo passo, quello della valutazione ambientale, prende dagli 8 ai 12 mesi. Su una stessa area possono esserci anche 7 diversi vincoli, dall'interesse comunitario alle rotte migratorie degli uccelli. Dopo è il momento della conferenza dei servizi, dove diversi enti, tra i dieci e i quindici, devono dare il proprio assenso. Può volerci un anno. Al quale ne va aggiunto un altro di rilevazione anenometrica, per verificare la velocità e la pressione aerodinamica dei venti. In totale ci vogliono tra i due e i tre anni. Per il fotovoltaico i tempi scendono a un anno, lo stesso per le biomasse
Quali sono le effettive opportunità per l'industria dell'energia pulita italiana?
C'è un quadro europeo che ci chiede di arrivare al 20% della produzione energetica complessiva entro il 2020. E' una grossa opportunità, la situazione sta migliorando, ma con un quadro normativo così instabile arrivarci è quasi impossibile: siamo ancora molto lontani. Manca una precisa volontà politica, a differenza di come hanno fatto Spagna e Germania negli ultimi anni.
Cosa manca?
Ci vuole un piano energetico serio e un sistema bancario meno rigido sui finanziamenti. Tenga conto che siamo ancora in attesa dell'approvazione dei decreti attuativi della nuova normativa, per noi importante, prevista dalla Finanziaria approvata a gennaio 2008.

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