Prima che il reclutamento torni nei ranghi, abbandonando il peso del precariato, ci vorranno anni: quasi 22, secondo le ultime analisi del ministero dell'Istruzione. Una stima in un certo senso ottimista, perché fatta prima che il Dl 112/2008 decidesse di tagliare un buon 10% degli organici e senza considerare che l'apertura di una nuova strada per la cattedra ridurrà gli spazi per chi ha imboccato la vecchia.
Il precariato, del resto, incombe su ogni riforma, e in qualche regione pesa come un macigno. Nel 2007 erano in lista 238.866 nomi, cioè più o meno lo stesso numero dell'anno prima (la flessione è dello 0,6%). I precari davvero in attesa sono circa la metà, perché quasi tutti sono iscritti nelle liste della secondaria sia di primo sia di secondo grado (e alcuni di loro sono in attesa solo del passaggio da un ordine di scuola all'altro). Ma questa sostanziale immobilità nasconde un'Italia spaccata in due: con il Mezzogiorno, ancora una volta, nella condizione più difficile, schiacciato da un'impennata di precari (+10,8%) mentre si svuotavano le liste di NordOvest (-14,1%) e NordEst (-10%).
Ma è la clessidra dell'attesa stimata per ottenere il ruolo a denunciare in modo più evidente i problemi. I tecnici l'hanno stimata rapportando il numero degli iscritti alle graduatorie per le principali discipline alla media annua di assunti nel triennio 2005/2007. La palma della pazienza tocca agli aspiranti professori di lingue, che devono attendere fra 18 (alle medie) e 21 anni (alle superiori), mentre va un po' meglio ai professori di italiano (fra 5 e 9 anni) e di scienze (fra 4 e 7). In realtà, va considerato che soprattutto nell'area letteraria e di lingue chi aspira alle superiori concorre anche per le medie, e che chi vuole insegnare scienze alle superiori può arrivare anche a matematica nelle medie. Tenendo conto di questi incroci, l'assunzione diventa quasi immediata nell'area scientifica e per gli altri l'attesa oscilla fra i 3 anni di lettere e i 10 di lingue. Si tratta, però, di teorie, perché la cura Gelmini-Tremonti cancellerà nel prossimo triennio quasi 90mila cattedre, e l'avvio di un nuovo sistema di reclutamento dovrà occupare almeno il 50% dei nuovi ingressi: con questi fattori, l'anticamera possibile per i «vecchi» torna immediatamente a superare il ventennio. A far sperare in tempi migliori c'è l'età media degli attuali docenti (si veda l'articolo in basso), che prospetta un'ondata di pensionamenti nei prossimi anni.
G.Tr