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Due strade per il Paese senza perdere altro tempo

di Alberto Alesina e Guido Tabellini

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16 NOVEMBRE 2008

In una recessione normale, è sufficiente fare affidamento su una politica monetaria contro-ciclica e sugli stabilizzatori fiscali. Ma il 2009 sarà un anno molto difficile, perché la crisi coinvolge quasi tutto il mondo e rischia di prosciugare il flusso del credito all'economia.Per questo il G-20 ha sottolineato che tutti i Paesi devono impegnarsi a sostenere l'economia con un energico pacchetto fiscale. Per avere successo, i provvedimenti fiscali dovranno avere due caratteristiche. Primo, la velocità. Di solito passano mesi prima che un provvedimento fiscale si traduca in uno stimolo per l'economia. Ma il tempo stringe e siamo già in ritardo. Secondo, il sostegno immediato alla domanda aggregata non deve compromettere obiettivi strutturali di medio e lungo periodo. Non è facile cogliere entrambi gli obiettivi.

Quali dovrebbero essere le principali linee di azione nel nostro Paese, per agire in coerenza con i propositi del G-20? Ieri il Governo ha preannunciato un piano da 80 miliardi. Innanzitutto, ora va introdotto un sistema di assicurazione contro la disoccupazione con regole uguali per tutti. In Italia i sussidi alla disoccupazione sono quasi uno strumento di politica industriale: si decide caso per caso chi aiutare e chi no. Risultato: meno del 20% dei disoccupati italiani percepisce un sussidio, contro circa l'80% in Germania, il 75% in Francia e il 90% nei Paesi scandinavi.

Sicuramente la recessione causerà un aumento della disoccupazione, anche nel nostro Paese. I più a rischio sono i lavoratori precari che possono essere licenziati più facilmente, e che non hanno alcuna rete di protezione. Un'estensione della copertura dei sussidi di disoccupazione sosterrebbe la domanda aggregata in questo ciclo. Se disegnata in modo da non disincentivare la ricerca di un nuovo lavoro, la riforma faciliterebbe anche le ristrutturazioni aziendali tipiche delle recessioni, una distruzione creativa che aumenta la produttività del sistema. Il costo di un'estensione della copertura non sarebbe elevato.

Soprattutto se l'estensione fosse accompagnata dalla cancellazione di cassa integrazione straordinaria, liste di mobilità e altri schemi ad hoc (si veda anche il libro di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, «Un nuovo contratto per tutti», Chiarelettere).

In secondo luogo, bisognerebbe accelerare gli investimenti pubblici. Sappiamo quanto siano carenti le infrastrutture pubbliche italiane, e quanto sia difficile e lento ottenere le autorizzazioni per avviare i lavori. Questo è il momento di dare un forte impulso ad alcuni progetti strategici, seppur facendo attenzione a non spender a pioggia e a non alimentare la criminalità organizzata.
Infine, la domanda di lavoro e gli investimenti delle imprese possono essere sostenuti anche con provvedimenti fiscali, ad esempio finalizzati a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro o il costo del debito. Vi è più di un modo di intervenire, la cosa importante è che i provvedimenti abbiano efficacia in tempi brevi e che coinvolgano la generalità delle imprese e non solo i gruppi più influenti.

In momenti come questi, è forte la tentazione politica di fare regali a questa o quell'industria,o addirittura a singole imprese. L'industria automobilistica è particolarmente abile nella sua campagna lobbistica per farsi aiutare dai contribuenti, sia al di quà che al di là dell'Oceano.
Ma perché l'auto sì e altri no? È probabile che i politici statunitensi cedano alle pressioni e finiscano per aiutare General Motors, anche se questa grande impresa americana oggi è in difficoltà soprattutto perché in passato non ha saputo ristrutturarsi. Ma non dobbiamo imitare gli errori altrui. Non c'è alcuna ragione per regalare soldi all'industria dell'auto o degli elettrodomestici, mentre tanti medi e piccoli imprenditori che operano in altri settori sono costretti a cavarsela da soli.

Infine, non possiamo dimenticare che in Italia la politica fiscale ha un vincolo in più, rispetto ad altri Paesi. Per non abbandonare il percorso di rientro dal debito pubblico, i provvedimenti espansivi devono essere accompagnati da un controllo ferreo su altre voci di spesa e da interventi di segno opposto anche differiti nel tempo. Come abbiamo già sostenuto (Il Sole 24 Ore del 2 novembre scorso), le pensioni sono l'area su cui intervenire, in particolare innalzando l'etàdi pensionamento ed estendendo a tutti il metodo di calcolo pro-rata per il calcolo della pensione.
Significa scalfire i cosiddetti "diritti acquisiti" di alcune categorie? Indubbiamente. Ma forse una crisi grave come questa può essere l'occasione perché anche nel dibattito politico italiano i diritti acquisiti siano chiamati con il loro vero nome, e cioè intollerabili privilegi.

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