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L'impatto più duro della crisi si dovrebbe sentire nella prima metà del prossimo anno. Per quell'evenienza dovrebbero essere attivati gli ammortizzatori sociali rifinanziati: se però le conseguenze saranno mezzo milione di posti di lavoro persi, anche il nuovo sforzo si rivelerà poca cosa. Sarà allora, probabilmente, che il cosiddetto "fondo Sacconi" dovrà essere rabboccato o con parte dei fondi per il Sud o con nuove risorse. Magari tentando un'ulteriore riforma che porti finalmente a un sistema di ammortizzatori sociali universali, non più legati a scelte discrezionali politico-sindacali e semmai ancorati a reali programmi di riqualificazione e reinserimento.
Sarebbe un'altra di quelle riforme "normali" che permettono a un Paese di generare fiducia duratura. Per non parlare di quale effetto tonificante potrebbe avere la firma dell'accordo sulla riforma della contrattazione, unico strumento adatto ad accrescere e redistribuire la produttività, vera lacuna di sistema dell'Italia. È fondamentale, a questo scopo, l'arricchimento della dote finanziaria destinata agli sgravi fiscali per il salario di secondo livello per i quali è stato fatto un primo passo.
Si riapre – ed è un bene – il capitolo sull'evasione fiscale. Le risorse, in effetti, sono lì, sommerse da sempre. Ci sono 100 miliardi su cui esercitarsi. In attesa di risultati a sei zeri magari si può cominciare vigilando sulla social card: sarebbe grave se una tessera destinata ai più poveri finisse ai più furbi.