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Profumo: contro la crisi banche nel capitale delle imprese

di Nino Amadore

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20 novembre 2008
L'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo

Per uscire dalla crisi economica e finanziaria si può pensare nel breve periodo all'ingresso delle banche nel capitale delle aziende. Di più: le banche possono promuovere ristrutturazioni aziendali per salvare grandi imprese in difficoltà. In queste condizioni però bisogna avere chiaro che «non è nell'interesse del Paese che, in modo sistematico, si mantengano operative imprese in difficoltà finanziarie senza prendere adeguate misure. Un generalizzato allentamento dei criteri di erogazione creditizia non mi pare sia la soluzione adatta all'attuale congiuntura: lo pagheremmo più avanti come in altre realtà, stanno pagando la crisi dei mutui sub-prime». È il pensiero di Alessandro Profumo, amministratore delegato di UniCredit, intervenuto ad una conferenza nella sede della Fondazione Banco di Sicilia, a Palermo, in occasione della giornata mondiale della Filosofia sul tema "Finanza e economia: un circolo virtuoso". «Il titolo che avevo proposto – ha detto Profumo – era "Finanza ed economia: come riattivare il circolo virtuoso", perché nella fase attuale esiste la preoccupazione che questa relazione virtuosa si sia spezzata o si sia addirittura invertita. Il titolo che leggo nel programma afferma quello che è o dovrebbe essere la prassi come se questo percorso lo avessimo già riattivato: lo prendiamo come un auspicio, una spinta all'ottimismo».

Così l'intervento di Profumo, di fronte a una platea esperti, si è rivelato una puntigliosa analisi sull'attuale situazione di crisi finanziaria globale con riflessioni sull'Italia e in particolare sul Mezzogiorno. Ma è stata anche un'occasione per prospettare soluzioni. Accanto alle soluzioni globali per una crisi globale, è il pensiero di Profumo, bisogna trovare soluzioni di natura microeconomica «perché l'esito microeconomico positivo nasce dall'aggregazione dei comportamenti individuali. Per riattivare un canale virtuoso tra credito e economia va riannodata e potenziata la relazione tra banca e impresa: nel breve periodo, in una fase del tutto particolare, questo può significare anche che la banca percorra modalità di coinvolgimento diretto a sostegno dell'impresa, nel rispetto della sua capacità di gestione, per salvaguardarne la continuità ed evitarne il fallimento. Nel lungo periodo significa accrescere la trasparenza della relazione e, per la banca, costruire una capacità di valutazione che enfatizzi il contributo degli elementi del territorio».

Ma l'intervento degli istituti di credito a sostegno delle imprese in difficoltà va fatto a determinate condizioni: «È fondamentale – dice Profumo – che si stabilisca una metodologia chiara e ben definita nell'approccio alle aziende in difficoltà. Purtroppo il numero di imprese con difficoltà congiunturali andrà a crescere in maniera significativa. In molti casi bisognerà evitare che alle imprese sia data solo l'alternativa tra restare operative nelle forme attuali o trovarsi di fronte al rischio di diventare insolventi. Avviare, fin dalle prime evidenze di difficoltà, operazioni di reindirizzo e ristrutturazione è una necessità per evitare che i problemi emergano solo quando la situazione è del tutto deteriorata». E poi Profumo aggiunge: «Come banche ci troveremo sempre più spesso davanti a casi di aziende, magari molto rilevanti sul territorio - per aspetti occupazionali e per il ruolo economico del loro possibile indotto - ma in difficoltà. Ci troveremo nella posizione di scegliere se restare nell'azienda, assumendo rischi economici crescenti, o uscirne, al limite decretandone la chiusura, con gli elevati rischi, per tutte le aree di riferimento, che ci si possono attendere».

Per l'amministratore delegato di Unicredit serve «un'azione comune che avvii un ragionamento senza pregiudizi, per impostare sin da subito una metodologia di gestione di questi casi che preveda una quantificazione chiara dei rischi e benefici di ogni operazione singola, ma anche un impegno, quando possibile, a garantire la continuità di impresa. Ciò vuol dire anche fare cose che, come detto, in tempi normali sono da evitare, quali l'ingresso della banca nell'azionariato delle imprese - da attivarsi solo in casi particolari, su basi chiare, temporanee ed a condizioni certe - o il farsi promotori, in via diretta, di iniziative di ristrutturazione spesso alquanto complesse (vendita dell'azienda, chiusura di rami, separazioni di fasi produttive). Si tratta di azioni che, come ho illustrato, non necessariamente appartengono alla funzione più tradizionale di fare banca, che continuo a prediligere, cioè quella di erogare credito alle imprese, sulla base di informazioni certe ed oggettive e di una relazione creditizia continuativa, ma nella quale la distinzione di ruolo tra imprenditore e banca resta chiara e il coinvolgimento della banca nella gestione dell'azienda è limitato al solo ruolo di assicurare la solvibilità nel tempo dell'esposizione creditizia».

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