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Tremonti a Bruxelles studia le contromisure

di Dino Pesole

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3 NOVEMBRE 2008


La prima, doverosa ricognizione è sull'effettiva disponibilità della Commissione europea a concedere un margine ulteriore di flessibilità per quel che riguarda l'applicazione del Patto di stabilità. Con la convinzione che i saldi di finanza pubblica, nella proiezione triennale assicurata dalla manovra approvata il 5 agosto, «non si toccano». Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, arriva questa sera a Bruxelles per il consueto incontro mensile dei ministri finanziari (Eurogruppo, domani Ecofin), con in mente una strategia che punta a smussare sul nascere le molteplici richieste emerse in questi giorni, anche in seno alla maggioranza, perché si dia un "segnale" immediato ed esplicito per tentare di frenare gli effetti della crisi sulle fasce di reddito, che più stanno soffrendo in termini di perdita di potere d'acquisto.
Anche in presenza di un esplicito via libera di Bruxelles sarà ben difficile "forzare" il deficit oltre il limite del 3 per cento. Questione che sarà probabilmente oggetto di una riflessione a due con il commis-sario agli Affari economici, Joaquin Almunia. Si tratta dunque di stabilire se e in che modo utilizzare questo margine di manovra, cui del resto ha fatto esplicito riferimento venerdì scorso anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel suo intervento alla Giornata mondiale del risparmio (occorre mettere in moto una politica di bilancio «che faccia uso della flessibilità permessa dal Trattato e dal Patto di stabilità»).
L'apertura della Commissione europea per la verità c'è già stata nei giorni scorsi, in coincidenza con il piano congiunto di interventi anti-crisi messo a punto dai capi di Stato e di Governo della zona euro. Si è prospettata la possibilità di concedere ai governi in affanno per la grave crisi in atto di eccedere il tetto massimo, ma fino a un valore molto vicino al 3 per cento. Una delle interpretazioni circolate parla di un margine di tolleranza, peraltro temporaneo e straordinario, che varia dallo 0,3 allo 0,5 per cento. Per l'Italia, questa possibilità potrebbe aprire uno spazio teorico di manovra tra i 4 e i 6 miliardi, pari alla differenza tra il deficit stimato per fine anno (2,5-2,7%) e lo sforamento "tollerato".
Tremonti sull'argomento resta molto prudente. Il problema vero non è il deficit - ripete - ma il debito, che resta saldamente al primo posto in Europa. Un allentamento, sia pure momentaneo, della disciplina di bilancio rischierebbe di alimentare una spirale perversa: indebolimento della tenuta complessiva dei conti, incremento della spesa per interessi quale prevedibile conseguenza della reazione dei mercati già notevolmente stressati dalla crisi in atto, e del vulnus
di credibilità che verrebbe inferto alla solidità della nostra finanza pubblica.
Prudenza dunque. Si sta valutando all'Economia il costo di una detassazione parziale delle tredicesime (limitato ai redditi medio-bassi), ma l'elenco dei possibili interventi anticrisi si allunga ogni giorno, e di conseguenza anche i costi. La linea del Governo è che le nuove misure andranno finanziate con ulteriori tagli alla spesa. Dunque, l'eventuale margine aggiuntivo che dovesse aprirsi utilizzando la flessibilità del Patto potrà costituire una sorta di "riserva" da utilizzare nel 2009, a fronte del prevedibile aggravarsi della crisi.
La riunione dei ministri servirà prima di tutto a preparare il campo ai capi di Stato e di Governo che affluiranno nella capitale belga il 7 novembre. Riunione straordinaria che a sua volta servirà a definire la posizione europea in vista del G20 che si terrà a Washington il 15 novembre.
Per domani è atteso il via libera al raddoppio del fondo per Paesi in difficoltà (da 12 a 25 miliardi di euro), nonchè al prestito di 6,5 miliardi all'Ungheria, che va ad aggiungersi ai 12,5 miliardi già stanziati dal Fmi e al miliardo della Banca mondiale.

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