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Crisi Auto Usa, Detroit chiede aiuti per 34 miliardi $

di Marco Valsania

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3 dicembre 2008

General Motors, Ford e Chrysler hanno chiesto ieri notte al Congresso americano aiuti per 34 miliardi di dollari in cambio di drastici tagli dei costi e nuove generazioni di veicoli efficienti. E l'allarme più drammatico è arrivato dalla Gm: ha presentato il suo piano di risanamento e rilancio industriale ai parlamentari con un urgente appello a decidere ingenti soccorsi. Per sopravvivere la principale casa automobilistica degli Stati Uniti ha bisogno di 4 miliardi già questo mese e di 8 miliardi entro fine marzo, cui aggiungere una linea di credito da sei miliardi qualora la crisi si aggravasse. Un totale, cioé, che potrebbe raggiungere i 18 miliardi. L'azienda, da parte sua, farà scattare una profonda riorganizzazione: si concentrerà su quattro marchi - Chevrolet, Gmc, Buick e Cadillac - rispetto agli otto odierni, entro il 2012 eliminerà fino a 30mila posti di lavoro, chiuderà nove impianti e 1.750 concessionari mentre ha messo ufficialmente in vendita Saab. L'amministratore delegato Rick Wagoner ha inoltre accettato di lavorare per un salario simbolico di un dollaro l'anno, si è impegnato a riduzioni dell'indebitamento e a sviluppare vetture di nuova tecnologia.
«I primi quattro miliardi di prestiti sono essenziali», ha ammonito il direttore generale di Gm, Fritz Henderson. E subito dopo l'annuncio dell'azienda il presidente della Camera Nancy Pelosi è sembrata disposta a raccogliere l'appello: «L'amministrazione controllata non è un'opzione per le case automobitiche», ha detto, aggiungendo che il Parlamento o la Casa Bianca sapranno intervenire in tempo.
A fare da battistrada, nelle strategie di rilancio, prima di Gm è stata tuttavia la Ford: fin dalla mattinata ha presentato al Congresso trenta pagine con un piano che potrebbe assicurarle aiuti pubblici per nove miliardi di dollari. Nel dossier, inviato alla Commissione Bancaria del Senato, tagli aggressivi e promesse ambiziose: l'amministratore delegato Alan Mulally accetta a sua volta di ridurre il suo salario a un dollaro e mette in vendita i cinque aerei privati dell'azienda. Ford, in vista di un ritorno in attivo nel 2011, si impegna inoltre a rivedere contratti di lavoro, ridurre i concessionari e moltiplicare la produzione di veicoli "verdi", caratterizzati da minori dimensioni e consumi. Investirà 14 miliardi in sette anni negli Stati Uniti in tecnologie che migliorino i consumi delle vetture, accelererà progetti di lancio di nuovi veicoli ibridi ed elettrici nel 2010 e 2011 e i suoi modelli per il 2015 saranno del 36% più efficienti rispetto al 2005. Garantisce inoltre ai parlamentari che utilizzerà i nove miliardi in prestiti agevolati solo se necessario. «Serviranno quale protezione mentre trasformiamo il gruppo», ha detto Mulally.
Chrysler, controllata dal fondo di private equity Cerberus, ha chiesto aiuti per sette miliardi e sottolineato che i prestiti serviranno a restituire stabilità al gruppo e in prospettiva a facilitare alleanze con altre aziende del settore, probabilmente straniere. «Nel piano ci sono concessioni effettuate da tutti», ha dichiarato il direttore generale Jim Press. Anche i sindacati si sono mossi: i vertici della United Auto Workers si riuniranno oggi a Detroit per mettere a fuoco modifiche contrattuali che riducano i costi, nel timore che Gm, senza soccorsi federali, potrebbe ricorrere all'amministrazione controllata entro Natale.
Il Congresso ha convocato audizioni per giovedì e venerdì sulle strategie delle tre grandi case automobilistiche di Detroit. Se i parlamentari saranno soddisfatti potrebbero sbloccare aiuti complessivi per almeno 25 miliardi di dollari, discutendo una legge già la prossima settimana. Deputati e senatori avevano nelle scorse settimane respinto gli appelli di Detroit agli aiuti, denunciando l'assenza di piani di rilancio e l'insensibilità di dirigenti arrivati a Washington a chiedere fondi con i loro velivoli privati. Ai top executive di Gm, Ford e Chrysler avevano chiesto di ripresentarsi con idee chiare sull'uso dei finanziamenti federali. Detroit, in risposta alle critiche, nelle ultime ore ha anche fatto sfoggio di ritrovata umiltà: «Apprezziamo le preoccupazioni del Congresso sul futuro del settore - ha indicato la Ford -: speriamo che i nostri piani instillino fiducia nell'impegno dell'azienda a cambiare, ad agire in modo responsabile e a condividere i sacrifici durante una difficile fase economica». Ancora: Mulally e Wagoner arriveranno a Washington per le nuove audizioni al volante di auto ibride, rispettivamente una Ford Escape e una Chevrolet Malibu.
La presentazione dei piani di risanamento delle Big Three ha coinciso con nuovi sintomi della grave crisi in cui versa il mercato dell'auto. A novembre le vendite sono nuovamente crollate: Ford ha denunciato una flessione del 31% a 122.723 veicoli. General Motors e Chrysler hanno fatto ancora peggio, con cali del 41% a 153.404 e del 47% a 85.260 vetture. Le case straniere, che vantano finanze più solide, hanno a loro volta sofferto: Toyota ha visto le vendite scivolare del 34% e la Honda del 32 per cento.

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