Nei prossimi dieci anni tra i 320mila e i 340mila docenti lasceranno la scuola per limiti di età. Un esodo di tali proporzioni - che non ha precedenti nella storia d'Italia - è al tempo stesso un rischio e un'opportunità. Un rischio, perché non sarà facile sostituire in tempi rapidi una tale somma di esperienza didattica e di competenze. Un'opportunità, perché l'andamento demografico sembra invitare le autorità pubbliche a limitare in modo graduale le sostituzioni, cominciando finalmente a riequilibrare in modo pressoché indolore un rapporto studenti per docente che oggi è tra i più bassi del mondo: poco più o poco meno di dieci allievi a testa, a seconda che si facciano entrare nel conto gli insegnanti di sostegno ai portatori di handicap.
Il grande esodo si spiega con un fatto elementare: oggi gli insegnanti italiani sono fra i più vecchi del mondo. La loro età media supera i 50 anni. Il valore oscilla tra i 47 anni della scuola primaria (le elementari) e i 51 anni della scuola secondaria inferiore (la "scuola media"), mentre nella secondaria superiore l'età media supera i 53 anni di età. Di conseguenza, gli insegnanti con più di 50 anni sono oltre il 55% del totale.
È una percentuale che non ha riscontro fra i nostri vicini di casa. Nel Regno Unito, un Paese che per molti versi predilige valori scolastici di tipo tradizionale, gli insegnanti con più di 50 anni sono soltanto il 32 per cento. In Francia sono il 30% e in Spagna solo il 28 per cento. Soltanto in Germania i docenti sono quasi vecchi quanto i nostri, poiché quelli con più di 50 anni sono il 47% del totale.
Questi dati danno per la prima volta una dimensione precisa a un fenomeno noto da molti anni, mai però, finora, quantificato a dovere. Li ha presentati ieri alla stampa la Fondazione Giovanni Agnelli di Torino, e sono il frutto di una ricerca - il Rapporto sulla scuola italiana - che sarà completata e divulgata entro il febbraio 2009.
Da sempre la Fondazione Agnelli svolge indagini sulla realtà italiana intese come un "aiuto alle decisioni" per la sua classe dirigente; indagini che hanno toccato tutti gli ambiti della vita economica e civile, dalla divisione regionale alle strutture educative. Circa un anno fa, tuttavia, su esplicita richiesta di John Elkann, vicepresidente della Fiat e presidente di Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli, la Fondazione Agnelli, in concomitanza con la nomina a direttore di Andrea Gavosto, ha deciso di concentrare le sue ricerche sul sistema d'istruzione, concepito come l'elemento chiave che condiziona, e in parte frena, lo sviluppo del Paese.
La prima edizione del Rapporto sulla scuola sarà in buona parte dedicata alla questione che la Fondazione ritiene decisiva, quella dei docenti: un nodo delicatissimo, sul quale finora i Governi non sono riusciti a compiere i passi che da molti anni si proclamano necessari.
È stato l'aspro scontro politico di questi giorni sulla questione dei "tagli" agli insegnanti, accompagnato da proteste degli studenti e dei docenti che hanno sorpreso, per la loro compattezza, non solo le forze di Governo ma la stessa opposizione, che ha indotto la Fondazione Agnelli ad anticipare una parte della ricerca: e in particolare il dato esatto dell'esodo imminente dei docenti anziani.
La Fondazione ha scelto un approccio di estrema concretezza. Ignorando, assai opportunamente, il dibattito teorico che appesantisce di solito questo tipo di ricerche, si è posta poche semplici domande e ha cercato di rispondere.
Quanti sono gli insegnanti in Italia? La risposta è: circa un milione, una cifra che ci mette ai primi posti nel mondo. Di questi, oltre 840mila sono gli insegnanti statali di ruolo; che comprendono però 90mila insegnanti di sostegno ai portatori di handicap. A essi vanno aggiunti almeno 100mila insegnanti abilitati impegnati in supplenze più o meno lunghe, circa 35mila docenti dipendenti da altri enti pubblici (i Comuni, dai quali dipendono le scuole materne, e le Province autonome) e i circa 80mila docenti delle scuole private. Il totale supera il milione.
Sono tanti o pochi? si domanda la Fondazione Agnelli. L'unico modo per rispondere è fare un confronto internazionale; e da esso emerge che i docenti italiani sono tantissimi. Se confrontiamo il numero di studenti per insegnante, anche a prescindere dagli insegnanti di sostegno, constatiamo che l'Italia è abbondantemente sotto la media Ue, e clamorosamente inferiore a Paesi che vantano risultati educativi assai migliori, come la Francia e il Regno Unito.
Un'altra anomalia italiana è che nella maggior parte dei Paesi il numero degli allievi per docente diminuisce man mano che sale l'ordine di scuola. In altre parole, un maestro elementare ha un numero medio di allievi superiore, e in molti Paesi assai superiore (in Inghilterra e Francia quasi doppio), agli allievi di un professore di liceo. In Italia invece questo numero è costante, dalle elementari alle superiori. Una conferma, se ce ne fosse bisogno, che il nostro Paese si rifiuta di investire di più man mano che il livello d'istruzione cresce (e ancora peggio si comporta all'università, dove il numero di studenti per docente invece di decrescere, come in tutti i Paesi sviluppati, cresce a dismisura).
CONTINUA ...»